Si apre uno spiraglio per i 2mila precari della scuola sarda che hanno almeno tre anni di anzianità, ma lo stipendio assicurato solo dal 1° settembre al 30 giugno e comunque inferiore rispetto a quello dei docenti di ruolo: entro l’anno la Corte di giustizia europea deciderà se il ministero della Pubblica istruzione (Miur) ha abusato o meno dei contratti a termine che, in tal caso, andranno convertiti a tempo indeterminato.
Ovviamente, nulla sarà automatico: per ottenere la stabilizzazione servirà fare ricorso. “Ma se la Corte di giustizia ci darà ragione, ne prevediamo già una valanga, anche in Sardegna”, dice Maria Domenica Di Patre, la nuorese vicecoordinatrice nazionale della Gilda, il sindacato che, attraverso il comparto insegnanti della Federazione Unams (Fgu), nel 2010 ha promosso le prime battaglie legali contro il Miur. Battaglie poi finite davanti alla Corte di giustizia europea: una su ordine di un giudice di Napoli, un’altra su decisione della Consulta dopo un ricorso presentato al Tribunale di Lamezia Terme.
Tutto ruota intorno alla Direttiva Ue 99/70 che ha fissato i princìpi generali del lavoro precario obbligando gli Stati membri a stabilire un tetto massimo di contratti a tempo determinato. L’Italia ha recepito la direttiva nel 2001, attraverso il decreto legislativo 368 che nel pubblico impiego non permettere rinnovi contrattuali oltre i 36 mesi. “Eppure – continua la Di Patre – ci sono insegnanti che da vent’anni attendono la stabilizzazione”.
Il 27 marzo scorso a Lussemburgo, dove ha sede la Corte di giustizia europea, c’è stato il dibattimento sui contratti a tempo determinato della scuola italiana. Tommaso De Grandis, avvocato foggiano, sta seguendo due delle quattro cause al vaglio dei giudici Ue. “La sentenza finale – spiega – dovrebbe arrivare tra luglio e dicembre, noi nutriamo un cauto ottimismo”.
C’è anche un particolare curioso: contro gli insegnanti non si è costituito in giudizio solo il Miur, difeso dall’Avvocatura di Stato, ma anche il Governo greco, “per il quale le stabilizzazioni nella scuola sarebbero un problema economico in più – continua De Grandis -, di qui la decisione di unire le forze tra Stati”. I precari, però, hanno dalla loro già la Commissione europea che “nel dibattimento del 27 marzo, – sottolinea ancora il legale pugliese – ha sostenuto che l’Italia reitera i contratti a tempo determinato senza ragioni obiettive. Questo a differenza di quanto stabilisce la Direttiva 99/70, creando di fatto un abuso”.
Bruxelles, in buona sostanza, ha ribadito la posizione di sei mesi fa, quando ha aperto la procedura d’infrazione contro l’Italia. La Di Patre è speranzosa: “Una vittoria davanti alla Corte di giustizia europea segnerebbe l’avvio di una nuova stagione per la scuola, bersagliata non solo dai tagli, ma anche dai personalismi della politica”. La sindacalista, che nella Gilda è anche capodelegazione nazionale, precisa ancora: “Senza istruzione non c’è crescita né sviluppo, eppure il solo effetto prodotto dalla riforma Fornero è stato quello di bloccare il turn over”.
I giudici di Lussemburgo attendono adesso le conclusioni dell’Avvocatura di Stato, ma la linea difensiva è già nota e contenuta proprio nella replica alla procedura d’infrazione. Al Miur sostengono che l’aver creato le graduatorie ad esaurimento in sostituzione di quelle fisse “è stata già una scelta pensata per sgonfiare le sacche di precariato e non certo per alimentarle”. De Grandis la pensa diversamente: “In Italia l’ultimo concorso della scuola è del 1999, visto che quello del 2012 copriva solo i pensionamenti. E questo non ci pare un modo per evitare l’abuso dei contratti a termine”.
Dalla sentenza della Corte europea si capirà anche il destino degli insegnanti precari che hanno già presentato ricorso per ottenere la stabilizzazione. Finora la tendenza dei tribunali italiani è stata quella di dare ragione al Miur: ecco quindi che un verdetto favorevole di Lussemburgo creerebbe un importante precedente, spianando la strada a giudizi diversi. E “solo alla Gilda – chiude il coordinatore regionale Gianfranco Meloni – sono 200 gli insegnanti che hanno già fatto causa allo Stato nei diversi tribunali della Sardegna”.
Alessandra Carta
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