Lucia Pittalis, la truccatrice trasformatrice; e il New York Times racconta i ricami di Samugheo

Il mondo, grazie alla Rete, incontra sempre più spesso la Sardegna. A volte per caso, attraverso  articoli dedicati ai viaggi, o alla gastronomia, o alla scienza. O, quando si verificano, per via di grandi fatti di cronaca. A volte per mezzo di Google o di altri motori di ricerca. In Dicono di Noi esploriamo, settimana dopo settimana, le notizie che fanno scoprire l’Isola al mondo.

 

Il New York Times (US), nella sezione del suo sito dedicata alla moda, pubblica un lungo pezzo sulle tradizioni tessili in Sardegna, e in particolare quelle di Samugheo. Il pezzo racconta la storia di Isabella Frongia, sessantunenne, e di sua madre Susanna, ottantaseienne, eredi di generazioni di tessitrici, capaci di dare forma a opere di grandissima ricchezza. Il NYT sottolinea poi l’importanza anche sociale e culturale del telaio.

Fin da giovani, le ragazze iniziavano il faticoso lavoro della tessitura dei capi che andavano a comporre per la loro futura dote (il corredo) (…) Quando veniva il momento delle nozze, il corredo veniva fatto sfilare per la strada, tenuto in alto dai parenti della sposa, in una processione celebrativa che segnava il passaggio della ragazza dalla casa della famiglia a quella nuova. La processione era ovviamente espressione di cultura e comunità, ma era anche una modo rituale per mostrare la propria abilità. Secondo Kyre Chenven, co-fondatore di Pretziada, società di design con sede in Sardegna, questa competitività è parzialmente responsabile dello straordinario livello di abilità e competenza che si trovano a Samugheo. “Queste tessiture – dice – non erano solo riflesso della bellezza esteriore, ma anche di raffinatezza, abilità e dedizione”.

Una degli elementi più interessanti nell’articolo è il modo in cui sottolinea come la storia della Sardegna abbia influenzato i pattern dei lavori che si possono trovare a Samugheo.

Tra le opere più uniche tra quelle in cui si sono specializzate le donne del paese, c’è un copriletto di lino finemente intessuto, ricamato in passanti rialzati con una tecnica chiamata pibiones (il che significa “uva”, a cui si rifà lo stile). Questo tipo di copriletto si trova solo nell’Isola, e viene tramandato dall’antichità. Oltre all’abilità tecnica richiesta per crearlo, qui è il linguaggio del pattern ad essere insolitamente ricco. Ci sono figure “semplici”, colori vivaci di persone e animali familiari ai tessuti folk europei, ma anche fiori evocativi dei tessuti persiani, geometrie astratte e simboli araldici distintamente bizantini. Eppure, nonostante la loro diversità e raffinatezza, i tappeti e i tessuti sardi sono praticamente sconosciuti al di fuori della Sardegna.

L’articolo racconta poi di come il boom economico degli anni ’60 avesse regalato un momento di grande fioritura all’industria di Samugheo che – anche grazie alla nascita della Costa Smeralda – trovò un modo per commercializzare con successo i suoi tessuti, e di creare una vera e propria industria che aveva l’ambizione di portare i tessuti sardi nel mondo, in modo massiccio. Un fatto che aveva anche dato un’opportunità di emancipazione alle donne che per la prima volta avevano avuto per la prima volta la possibilità di guadagnare qualcosa da quel lavoro tradizionale. Ecco, in quella fase, che segnò una piccola rivoluzione industriale nel settore tessile di Samugheo,  Susanna Frongia continuò comunque a tessere a mano. Una scelta coraggiosa che, nel tempo, si è rivelata anche saggia e lungimirante. E ha consentito all’azienda di superare la crisi determinata, negli anni Settanta, dalla presenza nel mercato di una quantità eccessiva di prodotti di qualità mediocre. Nel 1996 la figlia Isabella, che aveva studiato per fare l’insegnante, ha affiancato la madre. Oggi con loro – nel ‘Laboratorio Tessile Artigiano Isabella Frongia’ lavora anche Anna Maria, una cugina.

A Samugheo, sottolinea il NYT, hanno resistito alla crisi dodici lavoratori. Che vivono, oltre che della passione di quanti ci lavorano, della domanda di una clientela benestante e competente.

 

Le coperte che una volta tutte le ragazze tessevano per prepararsi alla vita futura, sono oggi troppo preziose e troppo elaborate per avere un loro spazio nel mercato commerciale. Ogni tanto Isabella riceve una commissione per un copriletto di lino tradizionale, fittamente impreziosito da pibiones, che le richiede circa tre mesi di lavoro. Un business come il suo può essere sostenuto solo da clienti privati che apprezzano ciò che fa, e sono disposti a pagare. Sanno riconoscere, cioè, la fatica e la dedizione che non tutti riescono a vedere dietro quegli oggetti così belli, interamente realizzati a mano.

Restando sempre nel campo dell’arte sarda, ma di un’arte di genere molto diverso, Lui (Magazine di cultura, Repubblica Ceca), dedica un articolo alla make up artist sarda Lucia Pittalis, le cui foto stanno facendo il giro del mondo attraverso i social. La caratteristica del lavoro di Pittalis è la sua capacità di usare la sua abilità di truccatrice per trasformarsi in personaggi celebri – trasformazioni radicali, come se usasse il suo volto come una tela da pittore. Lui racconta che Lucia Pittalis, nata e cresciuta in Sardegna, si è poi trasferita a Roma dove ha cominciato a lavorare col teatro e col cinema. Pittalis ha decine di migliaia di fan su Instagram e Facebook, e gira il mondo per svolgeree in seminari di trucco. Guardando il suo lavoro, non è difficile capire il perché del suo grande successo. Ecco, per esempio (nella foto) come Lucia Pittalis si è trasformata nel Sylvester Stallone di  First Blood.

Alcune Brevi…

  • The Local (Magazine di cultura Italiana, UK), ha un pezzo su civiltà pre-romana nel quale si parla anche della cultura nuragica.
  • Sailing Scuttlebutt (Magazine di vela, US), dedica un articolo alla GC32 Racing Tour Villasimius.
  • Travel and Leisure (magazine di viaggi, US) pubblica un pezzo su posti da visitare in Europa, e nella lista in clude la Sardegna.
  • The Boca Raton Tribune (quotidiano di Boca, US) ha un articolo su un ristorante sardo locale: il Sardinia Enoteca Ristorante

Dicono di Noi – Settimana dal 9 al 15 settembre– A cura di NarrAzioni

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