Si definisce con malcelata timidezza “sarta gipsy ed empirica” ma ad ascoltarla si scopre che è molto di più: una straordinaria artigiana di tessuti e di storie che taglia e cuce con pari maestria. Giuseppina Pisu vive e lavora a Copenaghen dove ha aperto ‘Piccola Così’, negozio di abbigliamento vintage che, in realtà, è un sorprendente scrigno di colori, passioni ed esperienze sapientemente dosati. “La parte principale del progetto è riservata ai vestiti. Ho una selezione curatissima di abiti degli anni ’60 e ’70 che, a parer mio, sono i migliori, perché più sperimentali per accostamenti di colori e fantasie, coraggiosi nei modelli e con stili e fatture diversi a seconda delle aree geografiche. Ho inoltre un angolo caffè, quello che io chiamo il mio ‘salotto buono’. Ho recentemente aggiunto una raccolta di libri e metto sempre in sottofondo musica lounge italiana del periodo ’60-’70. Ho inoltre una sezione dedicata a diversi prodotti italiani e una piccola selezione di vini sardi. Volevo fare qualcosa di creativo, ma che allo stesso tempo mi mettesse anche in contatto con il pubblico. ‘Piccola Così’ è un delizioso compromesso, regno di tutti e di nessuno, sogno corale”.
“Il concetto – aggiunge – nasce dalla necessità di creare uno spazio che venisse percepito come un porto sicuro. Un luogo dove potessi sentirmi a mio agio e potessi trasmettere questo mio stato d’animo anche ai miei clienti. I danesi si sono inventati una parola che rende alla perfezione il concetto: hygge. Questa stessa parola è presente anche nella descrizione del negozio. Quando tu affermi che qualcosa è hyggeligt, stai sottintendendo tantissime cose piacevoli, un insieme di emozioni positive che ti fa stare bene. Inoltre non credo ci sia collante migliore del caffè per fare in modo che le persone si aprano e da qui, la decisione di non avere nessun wifi in negozio, proprio per stimolare la socializzazione. Mi vanto di aver visto nascere belle amicizie. Forse, egoisticamente, mi sono creata una piccola corte di animi sensibili”.
Trentanove anni, nella capitale danese da quattro, Giuseppina ha ricamato in modo originale le sue passioni: per l’arte sartoriale e per il racconto. Sulla prima dice: “Non ho mai fatto un corso di taglio e cucito. Tutto quello che so l’ho imparato sul campo, sbagliando, a volte tantissimo. Cucio da quando ho circa 6 anni. Ricordo di aver realizzato la mia prima creazione ‘finita’ utilizzando pezzi di vecchi jeans, messi insieme con un filo pesante che mio padre usava per cucire i capitelli dei libri e adoperando un ago da legatoria. Da allora non mi sono più fermata. Appena ho un momento libero e in qualsiasi parte del mondo io sia o debba andare, devo avere il mio kit di cucito. Lo faccio sempre anche in negozio, tra un cliente e un altro, tra un espresso e un cappuccino. Cucire mi trasmette gioia immensa”.
Sulla seconda – il racconto – è altrettanto prodiga di particolari: “Prediligo gli anni ’60 e ’70. Sono letteralmente innamorata delle forme e dei colori di queste due decadi. Ma alla fine i vestiti vintage mi piacciono tutti, non faccio distinzioni. Il contatto con la stoffa mi emoziona così anche il fatto di poter riparare vecchi abiti e fare in modo che vengano riusati, che abbiano ancora una vita. Sono una purista, non modifico in alcun modo i capi, mi limito a farli splendere, a farli rinascere. Tutti quelli che sono nel mio negozio hanno un nome e una piccola storia allegata, una sorta di carta di identità. A volte conosco personalmente il precedente proprietario e questo mi aiuta a tracciare meglio la storia ‘emozionale’ dell’abito. Colleziono vintage da molto tempo e a pensarci davvero non saprei dire come sia nata questa passione. Mi hanno sempre affascinato i colori e le fantasie di epoche passate. Ho sempre amato abbigliarmi in maniera diversa; frugavo negli armadi di mia madre alla ricerca di foulard e vestiti colorati. Ho ricordi bellissimi legati alla mia infanzia tra i vestiti, tantissime avventure immaginare grazie al contatto tra la pelle e i tessuti”.
Laurea in Lettere moderne a Cagliari, Giuseppina è cresciuta in una famiglia animata da grandi passioni: “Mio padre, Teodoro, era restauratore di beni librari, mia madre Rosa era cuoca; sono entrambi pensionati ma coltivano tuttora le loro passioni con estremo amore. Sono la sorella maggiore di Elena e Francesco che continuo a definire mia sorellina e mio fratellino”. Nata con la valigia in mano, per definizione materna, ha vissuto in Germania e per un breve periodo in Estonia, prima di trasferirsi in terra danese: “Sono qui da quattro anni e direi che è stata questa nazione a scegliere me. Mio marito è danese e questo, unito al mio spirito d’avventura, ha reso possibile tutto ciò. Ci sono tantissime cose che mi piacciono di Copenaghen e della Danimarca ma è anche normale, dal momento che ci vivo da qualche tempo, che si inizino ad avere diverse opinioni riguardo alcuni aspetti della società danese che cozzano con la mia visione di un mondo accogliente. Detto questo, la mia opinione è più che positiva. La città la sento nelle ossa. Amo lo sfrecciare delle bici, i quartieri così diversi tra loro. Da qualunque prospettiva io la guardi, non riuscirei a vedermi altrove. Riesce sempre a sorprendermi persino quando è grigia e non vedi un raggio di sole per settimane, quando piove e hai il vento ghiacciato in faccia. Sì, a questo punto – conclude – credo sia amore vero”.
Giovanni Runchina