Era sì la festa di ProgReS, ma è stato anche il giorno in cui gli orfani dei partiti politici di destra e (soprattutto) di sinistra si sono ritrovati a curiosare assieme attorno a un nuovo progetto politico. Guardando il pubblico, era possibile distinguere gli uni dagli altri: gli indipendentisti convinti si spellavano le mani a ogni accenno alle ‘parole chiave’ dell’autodeterminazione dei sardi, i vari “ex” si scaldavano soprattutto davanti a temi quali la trasparenza della politica, il rifiuto dei giochi di partito. E l’impostazione degli interventi principali – quello della stessa Michela Murgia e quello di Bachisio Bandinu – è parsa molto attenta a cogliere questa complessità e queste aspettative. Come se si volessero rassicurare i curiosi che l’indipendentismo non deve fare paura: non è l’obiettivo dell’oggi.
“L’indipendentismo in Sardegna – ha detto Bandinu – non si fa né con il 5 né con il 15 per cento: già basterebbe battersi contro la dipendenza”. Questo per chiarire che, come ripetono i suoi sostenitori più vicini, “Michela Murgia, se diventerà presidente della Regione, non chiederà l’indipendenza il giorno dopo l’insediamento: l’indipendenza è un processo lungo e faticoso. Se un giorno i tempi saranno maturi, e i sardi lo vorranno, la si potrà fare”.
La scrittrice non a caso si è concentrata soprattutto sulle sofferenza della Sardegna di oggi: “I tre giacimenti da cui partire – ha spiegato – sono i sardi, la produttività e la terra, le potenzialità delle nuove economie”. Punti che, ha precisato, verranno sviluppati nel programma elettorale che verrà presentato a dicembre insieme alla squadra di governo.
Le parole chiave dell’indipendentismo sono state invece al centro dei dibattiti organizzati da Progres nel pomeriggio. Assieme alla demolizione di alcuni consolidati luoghi comuni, a partire da quello secondo cui l’invidia è uno dei tratti del nostro “carattere regionale”. “Definirci invidiosi – ha detto il sociologo Nicolò Migheli – è un’assurdità. In Spagna l’invidia degli spagnoli è un fatto risaputo, in Inghilterra c’è tutta una letteratura che parla dell’invidia degli inglesi e in Germania esiste addirittura una parola apposita per rappresentare l’invidia dei tedeschi. Allora l’invidia dei sardi cos’è? Siamo un popolo come gli altri con tanti difetti sicuramente, ma noi dobbiamo partire dalle positività”.
E, infatti, uno dei dibattiti pomeridiani sviluppava proprio queste “positività” e, con esse, il motto elettorale scelto da Michela Murgia: “Visioni di una Sardegna possibile“. Efisio Rosso, Pierfranco Fadda e Paolo Piras, hanno descritto le loro esperienze, la capacità di fare rete, come quella di cui già hanno dato prova “Liberos” nell’editoria e il comitato “No al progetto Eleonora” nella lotta per la difesa dell’ambiente. Il messaggio retrostante era: basta col piangersi addosso. E’ il momento di agire”. “C’è da fare tutto – ha detto il segretario di ProgReS Franco Contu – Spopolamento, storia cultura sono i temi su cui dobbiamo lavorare… Dobbiamo pensare alla nostra terra che non è
irrimediabilmente perduta”.
E’ qua, nel lavoro, che può avvenire l’incontro tra gli indipendentisti e quanti oggi essenzialmente vogliono cambiare la politica e il modo di amministrare la cosa pubblica. Sintesi rappresentata “fisicamente” da Romina Congera, assessore regionale al Lavoro nella giunta Soru in quota Rifondazione comunista e ora sostenitrice di Michela Murgia: “Non sono indipendentista – ha detto – e sarebbe una forzatura dichiararlo, ma un’altra Sardegna possibile c’è. Dopo le terribili delusioni di una politica che non ha mai lavorato per l’emancipazione delle donne e degli uomini, adesso si vede uno spiraglio”.
Si vedrà quanto questa idea di “indipendentismo” sia nuova. Di certo è nuovo il modo di comunicarla. Un modo finalizzato al togliere dal termine l’alone di radicalità, di rigidità minoritaria, che spesso l’ha accompagnato. Anche con l’ausilio di contributi esterni, come quello che è stato dato nel suo intervento dalla parlamentare basca Laura Mintegi: “L’indipendenza la pratichi nella vita di tutti i giorni se ci credi”. E quando la ottieni hai dei vantaggi (i baschi, che godono di un’autonomia molto ampia, hanno un reddito medio più alto della media spagnola), non risolvi tutti i problemi. E non cancelli in un baleno le divisioni. E le “invidie”.
D’altra parte, il sentimento indipendentista è fortemente presente nei sardi. E’ mancata la capacità di organizzarlo. I dati di un sondaggio, esposti dal politologo Carlo Pala, parlano da soli: “Su oltre 6.000 interviste somministrate, il 41% dei sardi ha risposto di sentirsi indipendentista, e di questi il 10% al di fuori dell’Unione Europea e il 31% all’interno di essa. Alla domanda se si sentano più sardi o più italiani, o solo sardi, il 67% ha risposto più sardo e, di questi, il 26% solo sardo“. “Non significa – ha chiarito Pala – che in Sardegna ci sono i voti per ‘indipendentismo. Ma di certo c’è già un’enorme consapevolezza della sardità”. Michela Murgia pare voglio partire proprio da questo.
Maria Giovanna Fossati