Il dirigente-imputato. Il Corriere rilancia la domanda. Ma la risposta non arriva

Lasciamo per un momento da parte Gian Antonio Stella, che venerdì scorso ha dedicato la sua rubrica su Sette – il magazine del Corriere della Sera – alla nomina di un imputato alla guida dell’Ente foreste.

Nel frattempo, spieghiamo brevemente in pochi passaggi: un dirigente a processo per reati contro la pubblica amministrazione, Antonio Casula, nel marzo scorso viene nominato direttore generale dell’Ente foreste; un collega presenta un ricorso al Tar e il 2 luglio il Tribunale amministrativo annulla la nomina di Casula: manca la delibera della giunta regionale; pochi giorni dopo, il commissario dell’Ente foreste Giuseppe Pulina nomina lo spodestato Casula alla direzione del Servizio pianificazione e manda via il predecessore Aldo Derudas; quella nomina – così come prevedono le norme – serve affinché Casula possa occupare nuovamente la poltrona di Dg, seppure come sostituto. È quello che avviene; poi la giunta regionale firma la delibera mancante e il presidente Pigliaru sigla (nuovamente) il decreto di nomina; poche ore dopo Casula torna ad essere a tutti gli effeti il Dg dell’Ente foreste; a quel punto – dicono sempre le norme – non può fare pure il direttore del Servizio pianificazione, quindi il commissario Giuseppe Pulina toglie a Casula la direzione del Servizio pianificazione e la ridà alla stessa persona che aveva esautorato pochi giorni prima, Aldo Derudas. Come se quest’ultimo sapesse fare il suo lavoro a giorni alterni. O fino a quando la nomina di Casula diventa definitiva.

Ricapitolata la vicenda, possiamo ripartire da Gian Antonio Stella, che nel magazine del Corriere ha portato alla ribalta nazionale una vicenda che potremmo generosamente definire un poco imbarazzante: la nomina di un imputato per reati contro la pubblica amministrazione (frode e turbativa d’asta) al vertice di un ente che gestisce 7.000 dipendenti e decine di milioni di euro l’anno.

Come ha ricordato Stella, Casula sarà di certo puro come un cherubino. Ma rispetto al Pubblico ministero, la politica ha una marcia in più (a meno che non si parli di fondi ai gruppi, dicono le cronache): se il primo deve attenersi al codice penale, la seconda ha il diritto e il dovere di partire dai principi di precauzione e opportunità. Scrive Stella nel già citato articolo: “La politica non può tener conto solo del certificato penale. Era davvero opportuna quella nomina così accanitamente perseguita nonostante sia pendente, sul capo del protagonista, un processo per reati contro la pubblica amministrazione?”. 

Giriamo la domanda al presidente Pigliaru e alla giunta. Si spieghi il perché di quella scelta. I casi, ci pare, sono due. O Casula è il miglior professionista sulla piazza nel migliore dei mondi possibili, e senza di lui l’Ente foreste sarebbe perso, così che la sua perizia bilancia ampiamente quella piccola macchiolina che lo contraddistingue dagli altri 23 candidati alla direzione generale. Oppure la sua nomina è indispensabile per mantenere certi equilibri politici. Ma, come già abbiamo avuto modo di scrivere, anche alla salvaguardia di questi equilibri va posto un limite. E a noi pare che in questo caso sia stato abbondantemente superato.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

(Foto di Alessio Saba)

 

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