Francesco Pigliaru, subito dopo aver accettato il rischio della candidatura, aveva dovuto ingoiare un grossissimo rospo: quello della presenza nelle liste del Pd di tre degli indagati nell’inchiesta sui fondi ai gruppi consiliari della Regione. Si era a pochi giorni dalla scadenza del termine per le candidature, le liste erano state faticosamente chiuse e modificarle avrebbe creato ulteriori problemi a un’alleanza già sufficientemente traumatizzata dalla necessità di cambiare in corsa il leader. Così Pigliaru, dopo aver tentato di resistere, dovette cedere. Ma in quello stesso istante fece sapere che era l’ultima concessione agli equilibri interni e alle esigenze delle correnti.
Nessuno avrebbe perciò dovuto sorprendersi per l’esclusione dalla giunta di chiunque abbia pendenze penali. Sarebbe stato strano se Pigliaru non l’avesse annunciata. Lo attende una marcia molto complessa, lunga, piena di ostacoli e di trappole: intraprenderla assieme a compagni non perfettamente in forma significherebbe esporsi a un alto rischio di fallimento.
Eppure l’irritazione di Francesca Barracciu non sorprende. E ha parecchie ragionevoli spiegazioni e giustificazioni. Per l’eurodeputata, infatti, il Partito democratico pare aver scritto una sorta di “codice etico ad personam”.
Riassumiamo i fatti. Alla fine del luglio scorso, quando furono stabilite le regole per le candidature alle primarie, il Pd sardo decise di far proprie quelle nazionali che non impediscono a un indagato (né a un rinviato a giudizio, con la sola esclusione di reati gravissimi) di candidarsi. Così la Barracciu (che all’epoca non era indagata) si trovò ad aver come principale competitor Gianfranco Ganau (che invece era più che indagato: era rinviato a giudizio).
Meno di 48 ore dopo aver vinto le primarie, la Barracciu fu raggiunta dall’avviso di garanzia per peculato (assieme a tutti i componenti del gruppo del centrosinistra della legislatura precedente). Improvvisamente alcuni dei partiti della coalizione (in particolare i Rossomori e Sel, che fino a quel momento avevano ignorato la questione) cominciarono a sostenere che la vincitrice avrebbe fatto meglio a ritirarsi. A loro si unirono via via i vertici del Pd isolano e alle fine la Barracciu fu costretta al “passo indietro” e fu sostituita da Pigliaru. Il quale, come si è detto, subito scoprì che il “passo indietro” valeva solo per la Barracciu, ma non per gli altri indagati nella stessa inchiesta.
Il fatto che le elezioni siano andate bene non annulla il problema. Né lo elimina il fatto che dei tre indagati nell’inchiesta sui fondi ai gruppi, uno solo (Marco Espa) non sia stato eletto, mentre gli altri due (Gavino Manca e Franco Sabatini) siano stati riconfermati. Né elimina il problema l’elezione plebiscitaria di Gianfranco Ganau. Per eliminarlo, questo gigantesco problema, bisognerebbe avere la certezza che certe scelte non hanno avuto un peso nella decisione degli 83mila elettori che hanno abbandonato il Pd dalle politiche del 2013. Bisognerebbe poter fare la somma algebrica tra i voti che gli indagati hanno portato e quelli che hanno fatto perdere.
Il problema pare essere ben chiaro a Francesco Pigliaru. E dovrebbe essere chiaro a tutti. Le elezioni sono state vinte per il rotto della cuffia e anche grazie ai meccanismi di una legge elettorale che ci ha regalato un’assemblea regionale eletta da 600mila cittadini sardi su un milione e 500mila. E’ un dato di fatto che la “maggioranza” del consiglio è una larghissima minoranza nella società isolana. E che la “coalizione vincente” ha preso meno voti di quella del centrodestra, e solo il voto disgiunto a favore di Pigliaru ha consentito la vittoria.
C”è un immenso lavoro da fare: governare bene, rimettere in moto l’economia, ma anche ridare vita alla partecipazione democratica. Cioè ridare fiducia ai cittadini. Prima di tutto attraverso l’esempio, la pratica immediata di un nuovo modo di fare politica. A meno di non volersi asserragliare da subito nel Palazzo in attesa dei forconi.
Quando Francesca Barracciu inopportunamente dice che non è Pigliaru ma è il Partito democratico “a decidere”, compie un grave errore. Ma compirà un errore ancora più grave il Pd (e col Pd l’intera coalizione) se non consentirà all’uomo che ha letteralmente salvato la pelle al centrosinistra sardo di fare le sue scelte in totale autonomia.
Pigliaru ha annunciato che farà una giunta di persone competenti. E’ sconcertante che – dopo tutto quello che è successo – una simile ovvietà venga messa in discussione.
G.M.B.