Il Banco di Sardegna rischia di scomparire. L’incredibile silenzio su una notizia di valore storico

Ieri Sardinia Post ha ripreso una notizia apparsa su un importante quotidiano economico, Italia Oggi, che ha pubblicato un articolo molto dettagliato sul tema di una possibile fusione tra il Banco di Sardegna e la Banca Popolare dell’Emilia Romagna.  Pubblichiamo un intervento del collettivo Amsicora. Come sempre le nostre pagine sono aperte a chiunque voglia intervenire sull’argomento.

La notizia di una probabile-possibile fusione tra Banco di Sardegna e Bper Banca, fatta propria da un autorevole foglio finanziario e ripresa da Sardinia Post, non ha colto di sorpresa gli osservatori più attenti del nostro mondo bancario, nonostante l’appeal delle vicende di Bankitalia e del suo discusso vertice. Infatti, quel che era in corso tra Modena e Bologna, sul futuro del quarto o quinto gruppo bancario nazionale, non poteva che sollecitare curiosità ed interesse.
Questo perché da qualche settimana diversi rumors di piazza Affari davano per certo un fitto movimento sul titolo Unipol, disturbato dalle difficoltà rivenienti dai c.d. “prestiti sociali delle coop”, e con il suo vertice interessato a rimettere ordine agli asset patrimoniali del gruppo, ad iniziare dalla sua Banca e dalla partecipazione in Bper, di cui pare essere l’azionista di riferimento.

Proprio da Bologna, un’informazione da una fonte assai vicina a quel gruppo assicurativo, ha fornito un’interessante chiave di lettura del perché le sorti future del Banco di Sardegna fossero legate alle intenzioni di Unipol. Eccone in breve sintesi il succo.

«Potrebbe anche sembrare un nonsense, di certo una stranezza, ma per poter comprendere quale futuro in Sardegna si stia preparando per la banca che ne porta il nome, occorre recarsi in via Stalingrado, a Bologna. Perché è qui, al numero 45 di questa strada che ricorda le simpatie “rosse” della città, dove ha sede il potentissimo gruppo Unipol, che si vanno decidendo le sorti delle loro interessenze bancarie, fra cui c’è anche il Banco di Sardegna. E poco importa che a tirare le fila, e ad imporre le strategie, sia poi un uomo nato a Cagliari (Carlo Cimbri) ma divenuto un emiliano a diciotto carati. Cresciuto, si dice, a suon di Coop e di finanza …rossiccia». Aggiungeva la stessa fonte – a sostegno di questo passaggio per la “via Emilia” delle decisioni sul futuro della banca sarda – come fra gli esperti di via Stalingrado fosse emersa come vincente la decisione di dover “semplificare” il gruppo bancario modenese, completandone le fusioni dell’ex banca federale, allìinsegna del progetto “grande Bper” (eliminando il Banco di Sardegna e la sua storia).

È stata questa la sua informazione. Occorre quindi allargare l’analisi, introducendo alcuni maggiori chiarimenti: innanzitutto va detto che i rapporti esistenti fra Unipol ed i suoi grandi azionisti del mondo cooperativo sembrerebbero entrati in una fase di forte criticità per via delle pericolanti ed improvvide gestioni dei “prestiti sociali” dei cooperatori che avrebbero evidenziato un “rosso” (cioè insoluto) valutabile in circa 9 miliardi di euro. A seguire, la decisione del dottor Cimbri di mettere ordine alle partecipazioni bancarie in essere, concentrandole tutte su una più grande e solida Bper, come banca di riferimento del potente gruppo assicurativo Unipol-Sai A questo proposito, avrebbe valutato, come prossima, l’esigenza di dover provvedere ad un cospicuo aumento di capitale in Bper, per via dello squilibrio determinatosi nella copertura dei crediti inesigibili, i cosiddetti Npl (non performing loans), a seguito delle recenti decisioni della Banca Europea.

Per meglio comprendere questo passaggio occorre rifarsi al giudizio di Equita, la banca d’affari milanese controllata da Alessandro Profumo, che indica proprio nell’entità dei Npl del Banco di Sardegna il passaggio necessario per rendere “propedeutica” la fusione con la capogruppo Bper. Le operazioni di cessione di questi crediti in sofferenza potrebbero generare “un rilascio di capitale a livello di gruppo”, così da favorirne e giustificarne l’eventuale fusione.

Occorre ricordare – per valutarne la possibilità di realizzazione – che l’attuale capitale del Banco di Sardegna è pari a 155.247.762 euro, rappresentato da 51.749.254 azioni del valore nominale di euro 3 ciascuna, di cui: (A) 43.981.509 azioni, per il valore nominale complessivo di euro 131.944.527, sono ordinarie (84,99% dell’intero capitale sociale); (B) 6.600.000 azioni, per il valore nominale complessivo di euro 19.800.000, sono di risparmio (12,75% dell’intero capitale sociale) mentre (C) 1.167.745 azioni, per il valore nominale complessivo di euro 3.503.235 sono privilegiate (2,26% dell’intero capitale sociale). Il 51% è in mani alla Bper, mentre il restante 49% (pari a 77.600.000 euro) è in possesso della Fondazione di Sardegna che lo ha iscritto in bilancio per euro 352.158.299 (+ 78% del nominale).

Sempre per seguire le informazioni bolognesi, sarebbe in corso una pressante moral suasion da parte dell’Unipol nei confronti della Fondazione isolana, perché ne segua e ne condivida le decisioni. Le ragioni sarebbero tutte (o quasi) nella coincidenza di interessi: la cessione (per convenienza o per obbligo) delle partecipazioni azionarie nelle rispettive banche: in Unipol Banca in quanto si tratta di un’azienda piccola e “non performante” e nel Banco di Sardegna per ottemperare alle disposizioni dell’organo di controllo (il MISE). Al centro c’è poi la comune situazione di azionisti della Bper Banca: l’Unipol ne detiene circa il 10%, e la Fondazione ne possiede quasi il 5%, per un valore in bilancio di oltre 100 milioni di euro.

L’oggetto delle possibili intese (o, se volete, dei colloqui) avrebbe avuto come scopo: (a) la fusione in Bper delle due banche e (b) l’incremento delle proprie partecipazioni nel capitale Bper, divenendone gli azionisti di controllo.
Di tutto questo se ne sarebbero occupati a più riprese, e con dovizia di notizie e di commenti, diversi media emiliani, come risulta a noi di Amsicora, mentre in Sardegna – chissà per quale misteriosa ragione (forse, si sussurra, per non disturbare il manovratore…) – è rimasta solo la nostra voce, sempre puntuale nelle informazioni ed anche ostinata nelle argomentazioni, ma …lasciata perdere.

Certo è che il raggiungimento, o meno, di queste intese con Unipol pongono diversi interrogativi sul futuro del Banco di Sardegna, il primo dei quali, ed il più preoccupante, è che, non diversamente dalla piccola e modesta Unipol Banca, debba scomparire dopo oltre 60 anni quella che molti avrebbero definito la “grande banca” dei sardi. Il fatto che su questi argomenti in Sardegna ci sia una cappa di assoluto silenzio e che di queste trattative non se ne venga a sapere nulla, né ufficialmente né ufficiosamente, fa sì che aumentino e si infittiscano le preoccupazioni. Alimentando il pericolo della scomparsa di una banca da tempo incardinata nell’economia locale e che, nel bene e nel male, ne ha seguito i diversi andamenti, sostenendoli ed accompagnandoli nella buona e nella cattiva sorte.

Forse può essere credibile quel che ci viene detto e assicurato da un autorevole osservatore finanziario milanese sul fatto che le sorti future della banca sarda si stiano però decidendo altrove, al di fuori dell’Isola, in quanto farebbero parte di interessi del tutto estranei – se non proprio contrari – alle reali necessità della nostra economia.

In questo scenario costruito peraltro (e per fortuna) su probabilità (o su illazioni) più che su fatti concreti, può avere una sua valenza negativa l’informazione – a noi giunta con molta discrezione ed anche con forte dubbiosità – che le intese Fondazione-Unipol siano condotte altrove: a Bologna tramite uno studio locale d’avvocati d’affari molto vicino “politicamente” alle due parti, ed a Milano da altro studio legato all’attuale management della Bper. Quasi si tratti di un fatto del tutto privato, fra aziende e società senza alcun interesse “pubblico” per la nostra Isola e di impegno responsabile per i suoi governanti (ma una banca come il Sardegna non è di “interesse regionale”, così come la privata Alitalia lo è d’interesse nazionale, che però ha trovato fra i registi dell’accordo di fusione o d’acquisto ministri come Del Rio e Calenda?).

Purtroppo, e lo si scrive con amarezza, le sorti del Banco di Sardegna in questi ultimi 15 anni si sono sempre decise altrove, sotto direttive che avrebbero sempre privilegiato interessi e crescite del tutto estranei all’Isola. Vi sono quindi dei fondati motivi che anche stavolta riescano a prevalere i proponimenti del gruppo Unipol. Perché un ruolo importante è chiamato a svolgerlo quella “bad bank”, creata proprio da quel gruppo assicurativo per assorbire i crediti deteriorati (Npl) delle banche partecipate (e, quindi, anche del Banco Sardegna, che avrebbe un indice di copertura del solo 54%). E ben si sa che si debba proprio a questi pesi la crisi in cui sono incorse molte banche italiane, non escluso, per quel che si sa, lo stesso gruppo modenese.

Cosa pensi di tutto questo la politica sarda non è dato sapere. Si è scritto a bella posta “politica”, dando a questo termine il significato più ampio: la Giunta di governo certamente, ancora le forze di maggioranza e d’opposizione della Regione e, innanzitutto, la Fondazione, che al di là dello schermo giuridico che la vorrebbe “privata”, risulta essere un’istituzione tutta politica, guidata com’è da esponenti politici in “servizio permanente effettivo”. Si tratta di un’anomalia – questa dei colpevoli ed immotivati silenzi – che va rilevata ed anche commentata criticamente. Perché come sardi si ha diritto di sapere cosa si stia decidendo sul futuro del Banco di Sardegna. E quali siano le reali intenzioni per recuperarne e difenderne l’autonomia (perché, ci dice un amico, il Banco non può essere per la Sardegna soltanto una buona squadra di basket!). Per superare questo vulnus informativo si ritiene che il Governatore Pigliaru abbia il dovere e l’obbligo nei confronti dei sardi di intervenire, con l’autorità ed il prestigio della sua carica, per conoscere il reale stato delle intese e, conseguentemente, per difendere l’effettiva sardità – di nome e di conduzione – del Banco di Sardegna.

Nonostante tutto, proprio per la fiducia e la stima che si continua ad avere verso chi è chiamato a governare l’Isola, non possiamo che augurarci che l’amore e la dedizione per la propria terra madre (che anche la politica ed i politici dovrebbero avere come stella cometa) alla fine riesca a prevalere, e che quei corsari d’oltremare non riescano a portarci via, con un colpo di destrezza, quello che almeno tre generazioni di nostri conterranei hanno saputo realizzare.

Amsicora

 

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