In tutto sono tredici, secondo il censimento dei vertici militari. Costa e montagne, e pure nuraghi e necropoli, aree archeologiche chiuse da filo spinato nel sud Sardegna, nella base di Teulada. Ne dà conto L’Unione sarda in edicola oggi. Ci sono scarne immagini, mucchi di pietra coperti dalla macchia mediterranea, i nomi in sardo e le coordinate. Nessuna indicazione su disposizioni per la tutela, che sulla carta ci sarebbe, prevista dal Comune. Ma di fatto surclassata, quei ruderi fanno parte dell’area off limits – divieto d’accesso a privati cittadini. E pure al Comipa, il comitato misto paritetico sulle servitù militari, che aveva chiesto di effettuare un sopralluogo.
L’incendio nel poligono di Capo Frasca causato da un’esercitazione e la frizione diplomatica tra Regione e ministero della Difesa hanno infatti riacceso le luci sulle altre servitù militari, in tutto 35mila ettari nell’Isola.
Il dossier sui resti della cultura nuragica all’interno delle basi è stato stilato dagli stessi militari, e non esiste un osservatore indipendente. E così dopo il lancio di bombe e le prove di guerra simulata si scrivono relazioni sullo stato del territorio e dei beni archeologici inglobati. Ma autore e controllore coincidono.
Del caso si era occupato qualche mese fa anche Mauro Pili (deputato di Unidos ed ex presidente della Regione) con un’interpellanza, redatta su spunto del lavoro della rete Nurnet, finita poi in Parlamento. La risposta del Governo, per bocca del sottosegretario Ilaria Borletti Dell’Acqua. Si escludeva in modo categorico il danneggiamento dei nuraghi per via delle esercitazioni e si consideravano “Protetti”. Nel dettaglio sarà davvero difficile sapere come.
Guarda anche le immagini girate da Pili a Capo Frasca:
VIDEO. Il disastro di Capo Frasca