Se la questione non fosse terribilmente seria, la si potrebbe liquidare con una bella risata. Perché quel che è accaduto negli uffici della presidenza della Regione solo pochi mesi fa è a dir poco grottesco. Quasi comico.
Capita infatti che il governatore (e commercialista) Ugo Cappellacci decida di tagliare le spese. E come? Moltiplicandole per dieci. Chi sono i beneficiari? Nomi ben conosciuti al presidente della Regione, al suo partito e alla sua coalizione.
La beffa
Il riferimento alla professione del presidente non è casuale, visto che le spese in questione altro non sono che gli stipendi destinati ai componenti dei collegi dei revisori di enti e agenzie regionali: grazie all’assist della maggioranza di centrodestra in consiglio regionale, Cappellacci ha fatto schizzare le parcelle da 3.000 fino a un massimo di 30mila euro annui. Ma al capolavoro si arriva leggendo la motivazione dell’indispensabile provvedimento, ovvero “l’esigenza di riduzione dei costi e di contenimento della spesa pubblica”, si legge nella delibera firmata da Cappellacci.
Finanza creativa
Quanto costa ai contribuenti questo regalino? Gli enti e le agenzie regionali sono decine e parecchi, peraltro, sono in liquidazione da anni. Il che non impedisce ai consigli di amministrazione e ai collegi dei revisori ‘liquidandi’ di continuare a intascare lo stipendio. Poniamo, per semplificare, che gli enti siano una ventina. Prima del provvedimento proposto e firmato da Cappellacci, i collegi delle venti agenzie costavano alle casse pubbliche 192mila euro l’anno. E ora? Presto detto.
Primo passo: abrogare i tetti di spesa
Il tetto di spesa agli emolumenti dei revisori l’aveva fissato nel 1995 il consiglio regionale su proposta dell’allora presidente Federico Palomba: 6 milioni di lire annui ai componenti, 6 milioni 600mila lire ai presidenti. L’idea di adeguare le parcelle ferme a quindici anni prima appare certamente condivisibile, ma decuplicarle suscita qualche perplessità. Peraltro, non risultano manifestazioni di piazza e scontri tra polizia e commercialisti inferociti per le paghe da fame. Tant’é: nel 2011 il centrodestra decide di cancellare i tetti di spesa e affida al presidente (commercialista) Ugo Cappellacci il potere di fissare l’entità degli stipendi dei colleghi.
Secondo passo: decuplicare le parcelle.
Il governatore è preoccupato: troppe spese. Decide così di ancorare gli stipendi dei revisori ai tariffari dell’ordine professionale dei commercialisti. È il 19 giugno 2012. E per accorgersi che le tariffe professionali erano state abolite sei mesi prima dal governo Monti, Cappellacci impiega una settimana. E il 26 giugno è costretto a tornare sui suoi passi. Decide così di ovviare fissando due tetti massimi: per alcuni enti e agenzie come Enas, Arst e agenzie agricole, i revisori potranno intascare al massimo 30mila euro, che diventano 36mila per il presidente del collegio. Stesso discorso per i commercialisti nominati in enti che superano un patrimonio netto di 100mila euro. Per altre, di seconda fascia o con patrimonio netto inferiore a 100mila euro, si scende a 24mila euro.
Le nomine? Politiche
Giova ricordare che le investiture dei revisori competono alla politica. Nello specifico, è il presidente della Regione che, su proposta della giunta, firma i decreti di nomina. Nessuna selezione, nessun concorso ad evidenza pubblica: l’esecutivo propone, il governatore firma. Unico requisito: comprovata professionalità. A certificarla, oltre il curriculum, è la politica. Ecco forse spiegato perché, a scorrere la lista dei revisori nominati da Cappellacci, molti provengono dal centrodestra. E i nomi eccellenti non mancano.
Risultato finale
Ora, se tutti gli enti optassero per il massimo consentito – ovvero l’ipotesi più probabile, come insegna la scarsa propensione alla sobrietà della pubblica amministrazione – la spesa complessiva passerebbe dai già citati 192mila euro a poco meno di 2 milioni di euro. E nelle tasche di chi finiscono tutti questi soldi? Lo decide, come detto, la politica. Ecco perché, a scorrere gli ultimi decreti di nomina firmati dal presidente Cappellacci, ci sono molti nomi noti: Luigi Colli, fratello del segretario Psd’Az Giovanni Angelo e revisore dell’Isre, l’Istituto etnografico di Nuoro, consiglieri comunali e provinciali (tutti di centrodestra, ça va sans dire) e perfino un iscritto all’albo dei commercialisti non esercenti da quasi tre anni. Qui la lista.
Pablo Sole