“Una Costituente per la sinistra sarda”

“Se non ora, quando?” dice Gesuino Muledda, presidente dei Rossomori, citando il titolo che ha voluto dare al suo ultimo intervento sul sito dell’organizzazione. “Se non ora – dice –  dopo la drammatica crisi del Partito democratico e in presenza della devastante crisi economica dell’Isola, in quale altro momento avviare al costituzione di un Partito sardo della sinistra?”.

“Ora”, si risponde Muledda. Già, ma può una piccola organizzazione politica cimentarsi in una simile impresa con qualche possibilità di successo? A maggior ragione se si considera che il Partito democratico, che ha ben altre risorse, molto probabilmente avvierà in tempi brevissimi un’operazione molto simile e diventerà il “Partito democratico sardo”?

Gesuino Muledda, già assessore dell’ormai storica giunta ‘sardista e di sinistra’ guidata da Mario Melis nella prima metà degli anni Ottanta, è un uomo molto concreto che, per via dell’età, del’esperienza di vita, ha deciso concedersi la possibilità dell’utopia. A partire dall’autorevolezza che gli deriva dal non avere alcuna ambizione personale.

E questo, l’assenza di pretese per se stessi, è già un “punto programmatico”. Un criterio di selezione della nuova classe dirigente. Perché c’è, su tutti, un problema di credibilità dei politici e della politica. Superarlo – ritrovare ascolto tra la gente – sarà uno dei compiti del Partito sardo della sinistra.

Muledda, il disastro del Pd apre ai Rossomori una prateria…

“Non la vedo così, non mi fa affatto piacere la crisi del Pd. Perché se non c’è un grande partito europeo i miei diritti non hanno rappresentanza. E il Partito democratico, che posso criticare per molti aspetti, è certamente un partito che ‘parla’ la nostra stessa lingua, ha cioè dentro di sé l’idea dell’eguaglianza, della giustizia sociale. Il punto è che un partito deve rappresentare la sua gente. Cioè la gente di un determinato luogo, con i suoi problemi e con la sua storia…”

E’ questo il concetto che sintetizza quello che chiamate ‘il governo di prossimità’?

“Sì, ed è un concetto molto semplice, quasi ovvio. Puro buonsenso, direi. Se oggi uno di Seulo deve fare una pratica alla camera di commercio di Cagliari o una visita medica, deve svegliarsi all’alba e perdere una giornata intera. Ecco, questo è un problema che la politica deve risolvere. A cui deve dare risposta. Moltiplichi questi problemi e si ha la semplice idea del ‘governo di prossimità'”. Che è l’esatto opposto di quanto si è fatto e di come si è anche mosso il Partito democratico”.

Un problema strutturale che ha determinato un cedimento strutturale?

“Possiamo anche metterla così. Il Pd è un partito diviso in correnti guidate da una serie di personalità. In Sardegna ci sono i referenti di quelle personalità. Referenti che non dialogano tra loro ma trasferiscono, ‘traducendole’ nelle dinamiche politiche isolane, le indicazioni correntizie nazionali. Questo ha causato e consolidato un leaderismo di seconda mano e favorito il clientelismo. Il contatto con la base, con gli elettori e con i cittadini, è andato inevitabilmente perdendosi…”

Il Pd sardo ha da tempo il progetto di stabilire un rapporto federativo col partito nazionale. E tutto fa pensare che la recente catastrofe, unita all’imminenza delle Regionali, accelererà questo processo. Che entra in concorrenza col vostro…

“Non entra in concorrenza. Noi proponiamo un’altra cosa e metodo che, credo, coniughi due esigenze. La prima è tenere le porte completamente aperte a tutti quelli che ci credono, quindi anche elettori ed esponenti del Partito democratico. La seconda è evitare che la costituente sarda diventi un vagone dentro il quale saltare per riciclarsi”.

Impresa non facile…

“Ne sono consapevole. Ma attenzione: la ‘Costituente sarda’ non è, nella nostra visione, un luogo o un’istituzione. Non è che un giorno si elegge questa Costituente che poi va a riunirsi in una sala denominata ‘Sala del Parlamento sardo’. La Costituente sarda è un processo fatto di incontri nel territorio, sui problemi concreti del territorio. O con le categorie, sui problemi concreti delle categorie. Noi li abbiamo già avviati con un certo successo che sconta, purtroppo, la nostra scarsità di mezzi e la difficoltà, anche per via dell’atteggiamento dell’informazione, di rendere più visibili le nostre iniziative…”

Mi dica se ho capito bene: la Costituente è una serie di iniziative nel territorio e di incontri con le categorie sui problemi concreti?

“Sì. Ed è anche la riunione di consigli comunali che, per esempio, chiamano la cittadinanza a progettare il futuro, raccogliendo proposte. E’, in sostanza, un modo di praticare e prefigurare il ‘governo di prossimità’ che è la base della nascita del Partito della sinistra sarda. Anche qua per una ragione molto semplice: il governo di prossimità deve avere una ‘rappresentanza di prossimità’. E dall’incontro tra queste rappresentante che si federano nasce il Partito europeo. quello che il Pd avrebbe potuto essere e purtroppo non è”.

Muledda, mancano meno di un anno alle Regionali. Il processo che lei descrive richiede tempi ben più lunghi e c’è il rischio serio che sia ben lontano dal compiersi quando i sardi andranno alle urne.

“Io non ne sono affatto sicuro. E sono anzi convinto che con questo metodo si possa risolvere il problema più grande che, a quanto pare, attanaglia il centrosinistra, cioè quello della scelta del leader”.

Ha in mente qualcuno?

“No, ed è proprio questo il punto: non solo non ho in mente alcun nome, ma il metodo prevede che questo nome non ci sia in partenza. Il nome deve venir fuori dal processo fondativo, dalle riunioni, dalle assemblee, dal confronto tra i cittadini”.

Quindi esclude tutti i nomi che circolano.

“Non è possibile escludere a priori. Ma il leader deve venire fuori dal confronto, senza avvalersi di rendite di posizione o peggio di dinamiche che possano trasferire le dinamiche correntizie nel processo fondativo”.

Può dirmi come descriverebbe questo Partito della sinistra sarda a un ragazzo sardo di vent’anni?

“Probabilmente non gli direi neanche ‘della sinistra’.Gli direi che è il partito dell’autogoverno vero, della sovranità. Gli spiegherei che è lo strumento per governare i suoi diritti nel mondo della globalizzazione”.

E se quel ragazzo fosse del Pd?

“Gli direi che il Partito della sinistra sardo si ritroverebbe assieme al Pd italiano nell’ambito della sinistra europea. E là ci potremmo alleare. Se poi quel ragazzo mi dicesse che sta nascendo un Pd sardo, gli direi che prima si nasce nel territorio, liberi e sovrani, e poi ci si incontra. Ma prima si nasce. E’ normale: prima si nasce poi ci sposa”.

Dica la verità Muledda, pensa che sia davvero possibile?

“E’ una vita che mi occupo di politica. Ho imparato che le utopie sono idee-forza e possono davvero modificare le cose. E’ importante che tutti quanti ci credono non stiano a guardare ma si mettano in gioco. Generosamente. Noi Rossomori possiamo allestire il campo, proporre anche un po’ di bravi giocatori. Ma la squadra la devono fare tutti i sardi”.

G.M.B.

Il testo integrale dell’articolo  (intitolato “Se non ora quando?”) col quale Gesuino Muledda, presidente dei Rossomori, ha illustrato il progetto della nascita di un “nuovo soggetto politico della sinistra sarda”. Dal sitowww.rossomori.eu

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