Se non fosse stato per Eugenio Annicchiarico, direttore generale dell’assessorato al Lavoro, il caso Geoparco non sarebbe scoppiato. Non ora, almeno. Perché l‘Ati Ifras, l’associazione temporanea d’impresa che in convenzione con la Regione gestisce dal 2001 il recupero e le bonifiche nei siti minerari del Sulcis, avrebbe continuato a lavorare per altri dodici mesi, al costo di 26 milioni. E questo malgrado le diseconomie e le irregolarità che gli stessi uffici del Lavoro hanno elencato nel libretto nero del Geoparco (leggi qui).
Il Dg si è opposto alla proroga della convenzione con una lettera inviata allo stesso assessore Virginia Mura e al presidente Francesco Pigliaru il 7 dicembre scorso. Quindi una settimana dopo l’approvazione della norma salva-Geoparco con la quale il Consiglio regionale ha dato il via libera al rinnovo della convenzione. Una procedura irregolare per il massimo dirigente del Lavoro. Di qui il diniego.
Stando a quanto scritto dal Dg, “il disposto” della leggina “si pone in aperto e diretto contrasto coi principi generali e i dettati nazionali e comunitari in materia di appalti”. E poi c’è in contenzioso stragiudiziale tra l’Ati Ifras e la Regione”, con la prima che reclama il mancato pagamento di alcune fatture, mentre l’Amministrazione imputa all’associazione temporanea d’imprese il non rispetto della convenzione stessa. Nella causa si parla di “gravi carenze documentali” sullo svolgimento delle bonifiche nei siti minerari, ma anche sulla rendicontazione delle spese sostenute.
Il diniego del Dg è prima approdato in Giunta, ma per giorni non se n’è saputo nulla. Quindi la decisione del centrosinistra di convergere sulla posizione del direttore generale azzerando la legge del 29 novembre e approvandone una nuova. Due le direttive: salvaguardia dell’occupazione e conferma al 31 dicembre la scadenza della convenzione tra Regione e Ati Ifras (ieri l’approvazione).
Il Dg ha così fermato la politica. Ma gli equilibri interni al palazzo non sembrano compromessi. Pietro Cocco, il capogruppo Pd che da primo firmatario ha presentato sia la prima legge che la revisione, dice: “Nell’uno e nell’altro caso ci siamo mossi con la certezza della fattibilità. E abbiamo agito sempre nel solo interesse dei lavoratori. L’obiettivo è stato raggiunto anche stavolta: per i 502 lavoratori dell’Ati Ifras è garantita la continuità reddituale. Per due mesi, dal primo gennaio, entreranno in cassa integrazione, ma senza perdere un solo euro dello stipendio: la Regione coprirà il 20 per cento di retribuzione che si perderebbe con gli ammortizzatori sociali. Successivamente, con contratti a tempo determinato, potranno essere impiegati all’Igea, per un massimo di nove mesi”.
In Consiglio regionale, il dibattito è durato a lungo ieri. Tra gli interventi anche quello di Rossella Pinna, la dem-ex sindaca di Guspini. “Sarebbe assurdo sentirsi sminuiti nel nostro lavoro di legislatori quando un dirigente della Regione rileva problemi di applicabilità di una norma. L’Assemblea doveva onorare un impegno: tutelare i livelli occupativi e in questa direzione ci siamo mossi definendo un percorso che non mette a rischio alcuna busta paga. La situazione dell’Ati Ifras è complessa: questa maggioranza ha raccolto una eredità pesante. Col bando europeo per l’affidamento del servizio risolveremo il problema alla radice”.
Dal Pd interviene anche Alessandro Collu. “Il caso del Sulcis, al netto della sua complessità, ci pone di fronte a una questione più ampia: fare economie e non diseconomie. Visti i costi dell’Ati Ifras è bene cominciare un ragionamento sulla stabilizzazione diretta dei lavoratori che prestano servizio per la Regione. Bisogna sedersi intorno a un tavolo e tirare le somme: l’efficienza di una pubblica amministrazione passa anche dalla razionalizzazione della spesa”.
Al. Car.
(@alessacart)