Pensionati-lavoratori, è il welfare attivo: docente sardo sentito a Montecitorio

Sono in discussione, in commissione Affari sociali della Camera, alcune proposte di legge che prevedono misure a favore dell’invecchiamento attivo e la prevenzione del conflitto intergenerazionale. Temi sui quali è stato sentito anche il professor Vittorio Pelligra, docente di Politica economica dell’università di Cagliari ed autore di una ricerca sul tema, nell’ambito di un progetto di ricerca Crenos-Smartlab finanziato dal Csv-Sardegna.

“L’aspetto di maggiore criticità – ha detto il docente – riguarda una non troppo chiara individuazione del bisogno ultimo cui le attività previste nelle proposte di legge vogliono dare risposta. Quale bisogno si vuole soddisfare? Quello economico attraverso la remunerazione monetaria di una attività lavorativa, o quello di inclusione sociale, attraverso specifiche forme di attività di utilità sociale?”. Un punto certamente a favore delle varie proposte di legge è “l’aver accolto una prospettiva generale di un welfare capacitante e generativo, che considera l’utente non come un oggetto passivo di prestazioni risarcitorie (un costo), ma come soggetto attivo e co-produttore dello stesso servizio di welfare di cui gode (un investimento)”.

Tuttavia, “non si capisce perché il legislatore – osserva il docente dovrebbe limitare i campi di intervento, come molte delle proposte in esame fanno. Perché il nonno vigile sì e invece l’insegnante over 65 no? Se invece si vuole limitare il campo di intervento alle attività di utilità sociale, configurare le prestazioni come prestazioni lavorative potrebbe avere effetti controproducenti”.

Al momento le varie proposte considerano infatti, in genere, attività di utilità sociale, a volte remunerate con denaro, altre volte attraverso l’accesso agevolato a servizi, come il trasporto pubblico locale, la fruizione di attività ed eventi culturali, buoni pasto. “Rendere troppo contigui i concetti di lavoro retribuito e di attività di utilità sociale, normalmente svolta su base volontaria, può portare ad un duplice problema – ha argomentato Pelligra -: il rischio di una selezione avversa dei beneficiari delle misure, da una parte, e di uno spiazzamento motivazionale dall’altra. Presi insieme questi due effetti possono avere conseguenze negative sulla qualità dei servizi offerti e/o sulla platea di soggetti coinvolti, riducendo quindi l’efficacia complessiva dell’intervento”.

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