“Il progetto di governo e di autodeterminazione della Sardegna c’è e siamo pronti a vincere le prossime elezioni regionali”. Gesuino Muledda, il presidente dei RossoMori, lo dice in risposta al suo parigrado sardista, Giovanni Columbu, che l’altro giorno ha lanciato su Sardinia Post un appello all’unità degli indipendentisti. Muledda, che del Psd’Az è stato uno scissionista e a questa nuova alleanza sta lavorando da mesi col segretario dei Quattro Mori Christian Solinas, chiarisce: “A Columbu, ci mancherebbe, non contesto la proposta, ma i limiti della stessa”.
Presidente Muledda, cosa non le va dell’appello lanciato da Columbu?
Premetto che non voglio entrare nel merito delle questioni interne al Psd’Az e delle presunte tensioni accennate da Columbu che, secondo me, non esistono. Dico però che la proposta del presidente sardista ha un limite: lui crede che il P’sdAz sia una chiesa, o lo sia stata. Ha applicato alla politica una verità di fede, quella dell’extra Ecclesiam nulla salus (al di fuori della Chiesa non c’è salvezza). Non dice espressamente che ci perdona, per aver lasciato il Psd’Az, ma quando chiama alla fine della diaspora sardista e spera nel ritorno, di fatto ci sta mettendo la mano sulla testa. Columbu omette l’analisi critica intorno ai percorsi che hanno portato a scissioni, abbandoni e mancati ingressi nel partito. Invece questa è la sostanza della questione. Un ragionamento troppo semplificato rischia di banalizzare un discorso o renderlo paternalistico, quando non presuntuoso.
L’approccio al tema dell’autodeterminazione quale dovrebbe essere?
A sentire Columbu, il Psd’Az viene prima dei valori. Io dico che è l’esatto contrario. L’eredità di Lussu e Bellieni non solo preesiste, ma in un partito trova semplicemente strumentalità. Quindi non ha senso sostenere che l’unità degli indipendentisti deve avvenire all’interno del Psd’Az. Oggi siamo davanti a una situazione precisa: nel popolo sardo c’è un sentimento diffuso di autodeterminazione, un’aspettativa di risposta politica. E siccome la storia si costruisce e a ogni generazione spetta una funzione, è evidente che a noi tocca il compito di dare forma al progetto plurale. A un’alleanza sardista, federalista, indipendentista e sovranista. A tutti quanti credono nel riscatto del popolo sardo. Poi ci presenteremo al giudizio degli elettori.
Quindi il polo dell’autodeterminazione esiste?
Posso solo dire che nei giorni scorsi, a Sassari, c’è stato un ennesimo incontro e non era solo un confronto bilaterale: abbiamo partecipato noi RossoMori, c’era il Psd’Az, c’erano Claudia Zuncheddu, Bustianu Cumpostu, ProgRes, Gianfranco Sollai, Fondazione Sardigna. Il dialogo è aperto con l’iRs di Gavino (Sale), con Pierfranco Devias e con tutti quei movimenti indipendentisti frutto di mille contrapposizioni e che daranno luogo ai necessari processi di riaggregazione.
Gli Stati generali dell’autodeterminazione quando sono convocati?
Non c’è una data per convocare gli Stati generali: è un processo. E nel processo maturano i programmi, gli ideali e anche le scadenze. Se uno vuole diventare conduttore, deve dimostrare al popolo sardo che è capace di azioni di riscatto: oggi per domani, non oggi per ieri. E riscatto significa difesa dei diritti, non come ha fatto l’assessore Paci che ha spinto il presidente Pigliaru a firmare un documento fiscale disastroso per la nostra Isola: mi riferisco all’accordo sul pareggio di bilancio.
Lei ce l’ha con Paci, lo attacca sempre.
Io non ce l’ho con Paci, ma con l’unilateralità di quell’intesa, concordata a Roma senza sentire la maggioranza. Per questo noi RossoMori siamo usciti dal centrosinistra: la Regione, a luglio 2014, ha deciso di ritirare i ricorsi pendenti.
Si riferisce a quello sugli accantonamenti?
Sì, ma non solo.
Paci, in una recente intervista a Sardinia Post, ha spiegato che sugli accantonamenti la Corte Costituzionale ha un orientamento preciso: anche le Regioni a statuto speciale devono concorrere alla riduzione del debito pubblico.
Vero, ma la Sardegna ha rinunciato a resistere in giudizio sulla riduzione degli accantonamenti (attualmente ammontano a 685 milioni), benché tutti noi contribuenti paghiamo per intero la sanità. Su un caso identico, la Corte Costituzionale ha dato ragione alla Val d’Aosta. Noi abbiamo gettato i remi in barca su una vertenza da un miliardo di euro.
Sempre a sentire Paci, la Regione ha impugnato davanti alla Consulta sia Legge di stabilità 2016 sia quella 2017, proprio per ottenere la riduzione degli accantonamenti e lo stop alla proroga degli stessi.
Nell’accordo del 2015 la Regione ha anche accettato di non presentare ricorsi in materia fiscale sino al 2018. Io mi auguro che quella doppia impugnazione venga accolta, nell’interesse del popolo sardo. Ma temo che all’Avvocatura dello Stato non sfugga quella rinuncia scritta nell’accordo 2014.
Per tornare al polo dell’autodeterminazione, avete sondaggi?
No, perché non abbiamo soldi. Ma altri hanno indagato per noi: ci danno al 25 per cento. Noi siamo davvero convinti di vincere. Abbiamo valori, idealità e cultura. Noi abbiamo da vendere sogni, gli altri devono difendere disastri. E vigileremo sulla nuova legge elettorale. L’assessore Maninchedda, per il tramite del suo capogruppo, ha chiesto che vengano mantenuti gli sbarramenti.
In tutte le proposte di legge finora presentate – quella del dem Gigi Ruggeri e quella del presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau – gli sbarramenti ci sono. La maggioranza sembra compatta.
E noi contro la maggioranza metteremo il popolo sardo. Non esiste che una legge elettorale venga fatta in base alla contingenza, alle rendite di posizione di difendere. Anche sulla doppia preferenza di genere si vuole frenare perché venti uomini uscirebbero dal Consiglio regionale.
Il leader del nuovo polo chi sarà?
I leader nascono se ci sono i progetti politici. Il contrario è possibile solo a condizione di finire in un cul-de-sac, ma a noi non interessa stare lì. Arriverà anche il momento del leader, con una selezione naturale, quando il progetto sarà definito. Siamo il terzo polo, alternativo al centrodestra e al centrosinistra.
Il Movimento Cinque Stelle non vi preoccupa?
No. A noi no.
Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)