Altro che cecchini isolati. Contro le regioni – e in modo particolare contro quelle a statuto speciale – torna alla carica il Ministro delle Riforme Costituzionali Maria Elena Boschi: dietro gli emendamenti dei deputati forzisti e socialisti che chiedono l’abolizione delle autonomie speciali c’è, infatti, il suo placet. A darne notizia è il civatiano Thomas Castangia, ex sfidante di Renato Soru e Ignazio Angioni per la carica di segretario regionale del Pd e membro della Direzione nazionale dei democratici, che rivela: “Il governo vorrebbe aprirsi la strada con l’abolizione della specialità del Friuli – Venezia Giulia e innescare così un effetto domino che finirebbe per travolgere anche la Sardegna”. E annuncia battaglia: “Le riforme non si fanno tagliando le regioni, così facendo si creerebbe un deficit di democrazia. Sarebbe invece più utile attivare dei meccanismi di delega verso i comuni, mantenendo fermo il controllo delle regioni sulla spesa effettuata dalle municipalità”.
Insomma, i segni di un attacco frontale all’Autonomia sembrano esserci tutti, sebbene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, per il quale il governo non avrebbe proposto l’abolizione delle regioni a statuto speciale, la partita rimane ancora aperta. Il braccio destro di Renzi ha anche precisato che “il governo ha messo in fila e sta siglando le intese con le Regioni e le Province autonome per evitare accordi estemporanei poi – ha chiarito l’esponente di Palazzo Chigi – le Regioni devono tradurre questi accordi in norme statutarie”. A rincarare la dose ci ha pensato il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi (Pd) con un commento affidato alla propria pagina Facebook e poi ripreso dalle agenzie di stampa: “Venti regioni sono troppe. Ne bastano 12 e vanno superate quelle a statuto speciale”. Posizione, questa, anticipata lunedì da Stefano Bonaccini, il neo governatore dell’Emilia Romagna durante la direzione del partito democratico. Per Bonaccini, la via dell’accorpamento in 9 o 12 macro-regioni rappresenterebbe “la soluzione alla crisi degli istituti regionali delegittimati dalla bassa affluenza alle urne”.
Qualche giorno fa, invece, è stato proprio il ministro Boschi a manifestare l’apertura del governo a eventuali modifiche della riforma del Titolo V. Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, il punto è che il testo votato al Senato non prevede modifiche al primo comma dell’articolo 116 della Costituzione, quello cioè, che sancisce la specialità di Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Ma il testo licenziato a Palazzo Madama non è stato blindato dal governo. Ed è così che in Commissione Affari Costituzionali della Camera, dove siede il deputato sardo Francesco Sanna, nominato di recente presidente della Commissione Stato-Regione per le norme di attuazione dello Statuto, si moltiplicano gli emendamenti che chiedono la cancellazione delle specialità o un loro ridimensionamento. Nel silenzio della politica isolana.
Piero Loi