Il consiglio regionale ha bocciato la doppia preferenza di genere. Ignorati gli appelli della associazioni delle donne. Il no dell’assemblea è arrivato attraverso il voto segreto. Immediata la reazione del Coordinamento per la democrazia paritaria: “Nascondendosi dietro il voto segreto, quegli uomini che dovrebbero rappresentare la volontà del popolo sardo hanno affossato la partecipazione femminile nella politica. In altre Regioni e in altri Paesi d’Europa – suona l’affondo – la rappresentanza delle donne è un principio sancito e riconosciuto. Qua, invece, si è assistito a un’ignominia che graverà per sempre sul Consiglio regionale mettendo la Sardegna, ancora una volta, all’ultimo posto nella scala delle pari parità». Il plotone rosa è furente: «Mentre con legge dello Stato i Comuni sopra i 5mila abitanti hanno potuto esprimere la doppia preferenza, nella massima assemblea isolana si assiste al paradosso della bocciatura, la pagina più buia della nostra storia autonomistica». Ma soprattutto: contro il voto di oggi il Coordinamento non esclude di presentare ricorso.
Anche la Presidente del consiglio regionale, Claudia Lombardo, ha espresso rammarico per la sostanziale bocciatura della doppia preferenza di genere. “La doppia preferenza di genere non era tesa a garantire una rendita di posizione alle donne impegnate in politica, ma al contrario, per creare le stesse opportunità di accesso alle cariche elettive, oggi evidentemente negate”, ha dichiarato Lombardo. “Purtroppo – ha aggiunto – lo scetticismo sempre manifestato sulla possibilità che questa opportunità venisse recepita nella legge elettorale, non è stato smentito dai fatti. Ancora una volta, sul buon senso, ha prevalso l’istinto di sopravvivenza. Il ricorso al voto segreto non fa altro che accentuare i motivi del rammarico”.
Di seguito la cronaca della seduta del consiglio regionale a cura di Alessandra Carta.
h. 20,25. La seduta si conclude con un rapido botta e risposta tra Paolo Maninchedda e Mario Diana. Il consiglio è stato aggiornato a martedì.
h. 20,10. Tutto come previsto: la doppia preferenza di genere non passa. In Consiglio regionale arriva la bocciatura con 40 “sì” e 34 “no”. Il voto era segreto. Ma adesso è caccia a nomi.
h. 19,55. Tutti zitti, parla Mario Diana. Ovvero, il capogruppo di “Sardegna è già domani” che ha rivendicato il voto segreto sulla doppia preferenza. Ecco servita la replica a Paolo Maninchedda (Psd’Az) che ha bollato come «ignobile» la richiesta di Diana. «L’onorevole sardista dimentica che quando lui governava la Sardegna insieme al presidente Soru, bocciò, senza neanche guardarli, 250 emendamenti alla Finanziaria 2006. Mi domando cosa più ignobile. Di certo, io non prendo lezioni da nessuno. Allora, per tornare al voto segreto: io ho il coraggio di dire che non sono d’accordo alla doppia preferenza. Ma qui è pieno di uomini che non riescono ad ammettere la propria contrarietà. Io credo che la presenza femminile non si garantisca facendo le riserve indiane». Diana non fa sconti a nessuno: «Con la rappresentanza di genere siamo al festival dell’ipocrisia». Sulla stessa lunghezza d’onda Pietro Pittalis, capogruppo Pdl: «Non è accettabile attaccare l’onorevole Diana che ha il diritto di manifestare liberamente le proprie opinioni e al quale noi esprimiamo la nostra piena solidarietà». Pittalis, avant’ieri, è stato il primo a sollecitare «una maggiore partecipazione delle donne in politica, ma non cambiando la modalità del voto, piuttosto ri-equilibrando le candidature nei singoli partiti».
h. 19,40. Settantadue uomini e otto donne. È questa, attualmente, la proporzione nel Consiglio regionale della Sardegna. Ma dalle prossime elezioni ci sono due ordini di problemi. Intanto: gli scranni dell’Aula scendono a sessanta. Non solo: se passa la doppia preferenza di genere, il gentil sesso potrebbe arrivare a occupare il quaranta per cento dei seggi. Cioè 24. Vuol dire che agli uomini ne rimarrebbero 36 (e ne perderebbero altrettanti). Le donne invece ne guadagnerebbero sedici. Vien da sé che un simile valzer di poltrone sta mettendo ansia a tantissimi consiglieri.
h. 19,25. Uomini contro uomini, donne contro uomini. Ma niente donne contro donne. Scorre così, in Consiglio regionale, il dibattito sulla doppia preferenza di genere, l’unico nodo rimasto in Aula dopo che Pdl, Udc e Riformatori hanno approvato il doppio sbarramento (10 per cento per le coalizioni e cinque per i partiti che corrono da soli). Nel Pd si ritaglia una posizione tutta sua Gian Valerio Sanna, che precisa: «La preferenza unica è una conquista della democrazia e non può essere messa in discussione. Una maggiore partecipazione delle donne si può ottenere cambiando le regole delle candidature, per arrivare a costruire liste equilibrate». Intanto Michele Cossa (Riformatori), vicepresidente dell’Aula, prende le distanze dal voto segreto sulla doppia preferenza, rivendicato da Mario Diana (Sardegna è già domani): «Io credo che il collega debba ritirare la sua proposta». Si accoda Efisio Arbau (La Base).
h. 19,05. «Questo è un gesto ignobile. Ma di furbizia questo mondo ne ha le palle piene». I toni si fanno durissimi, in Consiglio regionale. A parlare è Paolo Maninchedda (Psd’Az) che s’infuria e commenta così la richiesta di Mario Diana. Ovvero, il capogruppo di “Sardegna è già domani” che reclama il voto segreto sulla doppia preferenza di genere. La presidente Claudia Lombardo sospende la seduta per due minuti e dice: «Onorevole Maninchedda, a lei oggi non darò più la parola, in quest’Aula non si può dire di tutto».
h. 19,01. Fine delle doppie o triple candidature. L’Aula, ancora con un voto unanime, ha deciso di bocciare l’emendamento del capogruppo Pd, Giampaolo Diana: per le elezioni regionali ci si potrà presentare in uno solo degli otto collegi sardi, così come è successo fino a oggi. Ma il leader democratico puntava a permettere la stessa candidatura in più province isolane. Diana era riuscito a far inserire la modifica nella bozza della nuova legge elettorale varata dalla commissione Autonomia e Riforme. Il presidente è Tarcisio Agus (Pd), dopo le dimissioni di Paolo Maninchedda (Psd’Az).
h. 18,45. Liste miste. Nel duello della nuova legge elettorale arriva un segnale di pace: l’Aula, all’unanimità, sceglie di dare una direttiva ai partiti per compilare le liste. La regola sarà quella di candidare massimo due terzi di uomini, per lasciare il resto dei posti alle donne (certo è possibile anche il contrario). Tuttavia, con questo emendamento appena passato senza strappi, è facile prevedere che la doppia preferenza di genere venga bocciata. Non fosse altro che in Consiglio regionale è nato un fronte trasversale e bipartisan: l’obiettivo è garantire l’equilibrio tra i sessi non attraverso il voto sulla rappresentanza di genere, ma dividendo meglio le candidature nelle singole liste. E questa linea sta andando per la maggiore.
h. 18,35. Colpo di scena: lo sgambetto ai partiti più piccoli è davvero servito, a colpi di maggioranza. Pdl, Udc e Riformatori (39 “sì” e 31 “no”) danno il via libera alle soglie di sbarramento. In Consiglio regionale la nuova legge elettorale della Sardegna comincia a prendere forma: vuol dire che, a febbraio 2014, quando nell’Isola si tornerà al voto, le coalizioni dovranno raggiungere il 10 per cento per conquistare almeno un seggio. Invece: le forze che correranno da sole non potranno prendere meno del 5 per cento.
h. 18,15. Dunque, sulla nuova legge elettorale il primo tassello è sistemato, «nel peggiore dei modi», tuonano centrosinistra e Psd’Az. Con 39 voti messi insieme, Pdl, Udc e Riformatori firmano la svolta verso la politica degli sbarramenti. L’effetto è solo uno: ecco lo schiaffo al terzo polo sardo, ovvero l’alleanza sovranista e indipendentista che potrebbe candidare Michela Murgia a governatore. Lo sbarramento al 10 per cento significa che una coalizione dovrà raccogliere qualcosa come 90mila voti per essere rappresentata in Aula. Ma a pagare saranno anche le forze più piccole, alle quali viene imposto il 5 per cento dei consensi (pari a 45mila preferenze).
h. 17,40. In Consiglio regionale i toni non si sollevano, cioè nessuno urla, ma il fastidio non viene nascosto. Il più diretto è Paolo Maninchedda (Psd’Az): ««È evidente che la maggioranza vuole una legge elettorale non tanto e non solo contro i partiti più piccoli, ma soprattutto a difesa di quelli medi». L’onorevole dei Quattro Mori spiega così le due soglie destinate a diventare legge in tarda serata, quando tutto il pacchetto di 48 articoli verrà approvato. Adesso in Aula è il turno delle liste: l’obiettivo è obbligare i partiti a inserire almeno un terzo di donne (o di uomini). E questo è un preambolo verso un’altra battaglia, ovvero la doppia preferenza di genere.