“Se il presidente Pigliaru, che per noi rappresenta la maggioranza, accetterà un percorso politico in cui gli interessi della Sardegna vengono prima di tutto, continueremo il nostro cammino nel centrosinistra. Diversamente ciascuno andrà per la propria strada”. Franciscu Sedda, il segretario nazionale del Partito dei Sardi, lo dice a inizio conferenza stampa, nel primo atto pubblico dopo le dimissioni del leader e fondatore, Paolo Maninchedda, da assessore ai Lavori pubblici. Insieme a lui i cinque consiglieri regionali Gianfranco Congiu, Augusto Cherchi, Pier Mario Manca, Roberto Desini e Alessandro Unali.
È la road map quella che disegnano segretario e rappresentanti del Partito. Comincia Congiu, che nella massima assemblea sarda è il capogruppo. “A breve – dice – incontreremo il presidente della Regione. E non andremo lì a trattare chissà cosa. Non ci interessa discutere dell’assessorato vacante, casella che peraltro è frutto di un singolo rapporto fiduciario. Come forza politica noi vogliamo rivendicare un nuovo programma di governo in cui la Regione deve ridisegnare i rapporti politici con lo Stato. Non capiamo perché le Province sarde debbano restare fuori dalla ripartizione dei fondi nazionali. È inaccettabile, per citare un altro esempio, che la specialità autonomista della nostra Isola sia tenuta in così poca considerazione da Roma. È arrivato il momento di cambiare i rapporti di forza”.
Sedda lo chiama “indipendentismo di governo”. Ma prima si concede tre ringraziamenti: “A Paolo (Maninchedda) per quello che ha fatto e potrà fare, e per il grande lavoro svolto; al nostro Partito che, a differenza di certi sciacalli, ha voltato alto come un falco nel commentare le dimissioni dell’altro giorno; al presidente Pigliaru per le parole di stima avute verso Paolo. Noi crediamo che lo sviluppo della Sardegna sia frenato da un soffitto di vetro. Ci impedisce di respirare a pieni polmoni. Questo soffitto di vetro è lo Stato italiano, una cappa burocratica che va spazzata via. Al presidente Pigliaru chiederemo se questo percorso lo vuole fare insieme a noi. Per esempio organizzando una grande mobilitazione contro l’impugnazione, da parte del Governo, della legge sull’Agenzia delle entrate votata dalla massima assemblea della nostra Isola (leggi qui). La Consulta si esprimerà il 24 ottobre. Per quella data di deve prevedere una grande manifestazione di piazza. Noi vogliamo essere dalla parte del nostro popolo. Anche il presidente Pigliaru deve dirci se accetta o meno di superare insieme a noi questa maledizione per cui i sardi non prendono mai il toro per le corna, ma si limitano a fare gli amministratori di uno sgabuzzino malandato quale l’Italia”.
A domanda precisa sul fatto che il Partito dei Sardi stia alzando la posta, in corsa, rispetto agli accordi delle Regionali 2014, Sedda risponde: “Il presidente Pigliaru concordò con l’intera maggioranza il concetto di sovranità, inteso come esercizio responsabile dei poteri. E questa è la visione politica sulla quale stiamo aprendo il confronto. Al capo della Giunta riconosciamo il merito di aver tradotto, a livello altissimo, il problema delle trivellazioni off-shore, aprendo il dialogo con la Corsica, altro Nazione senza Stato come la Sardegna (leggi qui).Ma adesso bisogna allungare il passo: al citato tema della finanza, va aggiunto quello della sanità e bisogna unirci sui troppi accantonamenti che la nostra Isola paga (leggi qui). Idem l’Anas sarda e un ente pagatore isolano per l’agricoltura. Bisogna aprire una grande vertenza Sardegna che veda la partecipazione dei parlamentari sardi. Noi sappiamo bene che il presidente Pigliaru non è un indipendentista e non gli chiediamo di snaturarsi. Però faccia vedere che l’interesse della Sardegna, anche per lui, è la priorità”.
Rispondendo alla stessa domanda sulla posta “alzata” dal Partito dei Sardi, Congiu sottolinea: “Ci sono questioni statiche, e sono gli accordi di massima presi in campagna elettorale. Poi esistono le situazioni dinamiche: rispetto a un mutato quadro, quale quello dell’azione penalizzante dello Stato nei confronti della Sardegna, bisogna prevedere nuove azioni. Anche fuori dal concordato perimetro programmatico. È quello che sta facendo il Partito dei Sardi”.
Non si esclude che già venerdì il segretario Sedda e i cinque consiglieri regionali possano sedersi allo stesso tavolo di Pigliaru che ieri, in una lettera diffusa in serata, ha chiesto a Maninchedda dimissionario di ripensarci (leggi qui). Nel Partito dei Sardi sanno certamente una cosa: quei loro cinque scranni valgono la tenuta stessa della maggioranza che ha già perso un consigliere dei Rossomori e non avrebbe più i numeri per continuare a governare.
Al. Car.
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