Il candidato del centrosinistra lo sceglie il Pd. È questo il primo punto fermo del dopo-Barracciu, non fosse altro che col passo indietro dell’eurodeputata, come da mesi chiedevano Sel, Centro Democratico e RossoMori, gli alleati del Pd hanno ottenuto il massimo possibile. E adesso non è più tempo per alzare la posta né fare altre rivendicazioni.
Che il Pd voglia riprendersi il ruolo di guida della coalizione, è scritto nella nota del segretario Silvio Lai che, parallelamente al ritiro della Barracciu, l’altra notte ha riconvocato la Direzione per il 2 gennaio (o il 4 come seconda scelta) con un ordine del giorno preciso, ovvero la “nomina del candidato alla presidenza della Regione”. Lai, in buona, sostanza, con un messaggio molto cifrato ma efficace, ha rimesso gli alleati del centrosinistra al proprio posto, sebbene la candidatura della Barracciu sia saltata anche perché invisa ad ampie fette del Pd stesso. Diversamente è difficile immaginare che il big democratici avrebbero accettato i diktat delle forze alleate, pronte a correre da sole – ripetevano – se non si fosse cercata un’alternativa all’eurodeputata.
Sul fronte dei “papabili” cominciano a circolare – ma non è ben chiaro se per una sorta di ‘dovere istituzionale’ o per reale convinzione – i nomi di due donne presidenti di Provincia: Angela Quaquero, che fino a ottobre guidava la commissariata Giunta di Cagliari, e Alessandra Giudici saldamente in sella a Sassari. Entrambe sono due piddine di ferro. Tuttavia, il Pd non ha l’ossessione di sostituire donna con donna. Tant’è: restano in campo i nomi di Carlo Mannoni e Francesco Pigliaru, entrambi ex assessori della giunta Soru. Mannoni sarebbe gradito dall’exx governatore, mentre Pigliaru raccoglie consensi trasversali, anche esterni al Pd. Sempre in corsa pure Franco Siddi, il presidente della Fnsi (Federazione nazionale della stampa) che, ugualmente, piace a diverse componenti democratiche (a cominciare da quella di Paolo Fadda) e sarebbe gradito pure alla Cgil.
Fuori gioco, ormai, Attilio Mastino, l’ex rettore dell’Università di Sassari. E sembrano calare anche le azioni della candidatura di Arturo Parisi che nel Pd è uno dei decani anti-D’Alema e per questo molto ascoltato da Matteo Renzi. Resta il fatto che in politica essere nella rosa dei papabili da troppo tempo, è un punto a sfavore. Ragion per cui si vocifera che, alla fine, il prescelto del Pd potrebbe non essere nessuno di questi nomi venuti fuori finora.
Quanto alle alleanze, l’uscita di scena della Barracciu dovrebbe produrre l’effetto di ricompattare il tavolo che, dunque, riparte da Pd, Sel, Centro Democratico, RossoMori, Socialisti, Idv, Rifondazione, Comunisti Italiani, Upc e Verdi. Ma sembra scontato l’ingresso del Partito dei Sardi a rappresentare un’ulteriore quota sovranista. Invece: Irs, che ha bollato come “operazione di facciata” il passo indietro chiesto alla Barracciu, potrebbe correre da sola.
Si mette malissimo, invece, per il Psd’Az, a cui la porta del centrosinistra l’aveva aperta proprio l’eurodeputata, stringendo un patto d’acciaio col capo dei Quattro Mori Giacomo Sanna. Ma adesso che la Barracciu non è più la candidata governatrice, ai sardisti è venuto meno il ponte da attraversare per spostarsi da destra e sinistra. Il Psd’Az ha governato quattro anni con Cappellacci.
Alessandra Carta
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