Come ha operato il Comitato per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (Cpcm) istituito nel 2007 dall’allora ministro della Difesa Arturo Parisi per far luce sulle patologie contratte dal personale militare impiegato nei poligoni e nei teatri di guerra? E, soprattutto, a quali conclusioni è approdata la ricerca sulle malattie riscontrate tra i militari e i civili attivi all’interno del Poligono di Quirra condotta dal professore dell’Università di Cagliari (ed ex medico competente presso quella stessa base) Pierluigi Cocco? Se lo chiede il senatore M5s Roberto Cotti, che negli scorsi mesi ha presentato un’interrogazione al ministro della Difesa Roberta Pinotti. E più richieste di accesso agli atti, finora sempre rispedite al mittente dal dicastero di via XX Settembre.
Insomma, attorno allo studio del prof. Cocco, finanziato dal Cpcm con 170mila euro, monta il giallo. E fioccano le domande: “Cosa cerca di nascondere il ministero della Difesa? Si può escludere che attraverso quella ricerca si arrivi a stabilire la verità sulla situazione ambientale e i rischi sanitari corsi dal personale militare e civile? “, si chiede oggi Cotti. Il dubbio è rafforzato dal fatto che il comitato istituito da Parisi abbia il compito di occuparsi delle problematiche sanitarie conseguenti a contaminazioni ambientali, in particolare da agenti radiologici, nucleari, chimici e geologici.
Ciò che è certo, in ogni caso, è che lo studio di Cocco (prosciolto dalle accuse del pm Domenico Fiordalisi di omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri, omissione di atti d’ufficio, ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato nell’ambito dell’inchiesta su Quirra) è custodito in qualche armadio del ministero, chiuso a triplice mandata. E che anche i senatori si vedono sbattere la porta in faccia o rifiutare la richiesta di aprire i cassetti, perché il firmatario della richiesta – Cotti, per l’appunto – “non può essere qualificato come soggetto interessato ai sensi della legge 241/1990”, ha comunicato in data 1 aprile il capo di gabinetto del ministro della Difesa, l’ammiraglio Valter Girardelli.
Il tenore delle risposte provenienti dal ministero non è cambiato in seguito. Qualche giorno dopo, infatti, il Responsabile della prevenzione, corruzione e trasparenza della Difesa, Tenente Generale Giuseppe Fabbri rigetta l’istanza di accesso presentata dal senatore cagliaritano perché le informazioni richieste non costituiscono obbligo di pubblicazione poiché riferite ad un arco temporale anteriore all’entrata in vigore del d.lgs 33/2013″.
Nella jungla delle leggi, bisogna trovare la norma giusta: Cotti ci è riuscito riformulando la richiesta come “accesso alle informazioni ambientali” ai primi di giugno. E proprio ieri è arrivata la risposta dal dicastero guidato da Roberta Pinotti, che comunque continua a rispondere picche. Oltre che per il rifiuto di divulgare le informazione, Cotti considera la risposta data dalla Difesa grave anche per un’altra ragione: il ministero cerca infatti di dare una risposta interlocutoria, quando questa è prevista solo nel caso in cui l’ente cui è stata indirizzata la richiesta debba trasmetterla all’amministrazione che possiede le informazioni ricercate. Oppure quando la richiesta sia ritenuta o troppo complessa o troppo generica. Cotti presenterà un’istanza di riesame alla Commissione per l’accesso ai documenti istituita presso la Presidenza del Consiglio.
Piero Loi