Dalla legge di stabilità una porta che si socchiude per aiutare i lavoratori, fra cui molti sardi, ad ottenere i benefici previdenziali previsti per le esposizioni ultradecennali all’amianto. Che cosa si può avere? Diritti, cioè una maggiorazione dell’assegno pensionistico. E magari la possibilità per molti operai di scivolare dalla mobilità alla pensione. Dalla Sardegna parte un’interrogazione dei consiglieri regionali Daniele Cocco (Sel) e Daniela Forma (Pd). Mentre l’assalto a Roma per la legge di stabilità è nei due emendamenti che portano come prima firma quella del deputato Michele Piras (Sinistra italiana) con l’appoggio di altri parlamentari sardi e nazionali. Una partita da 300 milioni che riguarda innanzitutto circa 800 lavoratori che hanno prestato servizio alla Montefibre Spa e alla Enichem nel polo industriale di Ottana (Nuoro).
“Ma può essere un cavallo di Troia anche per chi, fuori da Ottana, quei diritti ancora non li ha”, chiarisce Piras. “Continuiamo a non capire – sottolinea il parlamentare sardo – perché ad esempio siano stati ottenuti i benefici a Pisticci e Macerata, in un impianto gemello di quello sardo, mentre a Ottana no”. Al Consiglio regionale la richiesta è chiara. “Il governatore Francesco Pigliaru deve far da tramite per sostenere gli emendamenti nei confronti del Governo – spiega Daniela Forma – Si tratta di far riconoscere diritti previdenziali negati finora in maniera discriminatoria”. Emendamenti e parallela interrogazione vanno anche nella direzione di riaprire i termini per la certificazione di esposizione all’amianto. Per una potenziale platea di 55mila operai che hanno lavorato nei poli industriali: sono i numeri forniti da Sabina Contu, presidente regionale dell’Associazione nazionale esposti amianto (Aiea). “Pigliaru – incalza -si faccia portavoce di vedove e figli. Mai parlato di indennizzi, ma di tutela sanitaria e di pensioni. Siamo ancora in tempo per salvare tante persone”. Una battaglia allargata anche ai sindacati. “Basta con la cappa di silenzio – dice Salvatore Pinna, della Cgil – è una lotta, ma soprattutto un dovere che dobbiamo alla classe operaia”.