“Un fatto storico per la Sardegna, un passo importante verso la riconquista del potere decisionale dei sardi in territori finora inaccessibili, e verso l’ottenimento di importanti garanzie a tutela dell’ambiente e della salute”. Lo ha dichiarato il segretario regionale del Pd, Giuseppe Luigi Cucca, in relazione alla bozza di accordo relativo alle servitù militari illustrato in Aula da Francesco Pigliaru.”Mai nessun altro Governo aveva dimostrato una tale apertura- ha aggiunto – alla ministra Pinotti va riconosciuta una grande capacità di dialogo e di mediazione che, grazie alla costanza e alla tenacia del presidente Pigliaru, supportato dai parlamentari, oggi consegna all’Isola una porzione di sovranità e apre un nuovo capitolo nei rapporti tra Stato e Regione”.
“Sappiamo che molte delle concessioni ottenute non erano affatto scontate – ha osservato il senatore dem – e che sono stati raggiunti obiettivi ambiziosi, sebbene non siano state soddisfatte interamente le richieste”. Infine: “Resta un passaggio fondamentale, che ora occorre portare avanti e mettere al sicuro, e che pone le basi per ottenere in futuro ulteriori concessioni. Il Partito Democratico, seguirà in Sardegna e a Roma le prossime fasi attuative dell’accordo, e auspico che vi sia la massima collaborazione da parte degli alleati”.
I Rossomori voteranno contro la bozza d’intesa. “Siamo contraria questo protocollo – ha spiegato il consigliere Emilio Usula -perché tardivo e inferiore alle aspettative, per la scarsezza di risultati ottenuti, per il risibile indennizzo previsto per i territori”. Inoltre, ha aggiunto,”l’intesa è contraddittoria rispetto all’ordine del giorno del Consiglio regionale votato nel 2014, dove si parlava di un avvio di valutazione indipendente secondo standard internazionali degli eventuali costi e mancati sviluppi alternativi dei territori, e dell’avvio di valutazione sui danni sanitari e di salute pubblica legata alla presenza dei poligoni militari”.
Se Usula si esprimerà contro, i consiglieri del Partito dei sardi, secondo partito della coalizione di maggioranza, lasceranno l’Aula al momento del voto. “Nell’accordo non leggo la parola ‘bonifiche'”, ha fatto notare Augusto Cherchi. “Il 60% della presenza militare è qua in Sardegna – ha ribadito il capogruppo Gianfranco Congiu – e noi non vogliamo più essere colonia del ministero della Difesa, eppure nell’accordo si parla più che altro di intesa per il coordinamento delle attività militari presenti nella Regione”. Quindi, “riferirsi a un riequilibrio della presenza militare nella nostra terra mi pare decisamente una forzatura”. Congiu ha comunque riconosciuto il passo in avanti di Pigliaru, tuttavia, precisa, “oggi si propone un modello d’intesa come se in questa vertenza fossimo all’anno zero, infatti scorrendo il protocollo vi sono norme frutto di battaglie già fatte”.
“Lo Stato per primo deve rispettare le sue leggi e pagare i comuni oberati da servitù militari: un ritardo di otto anni è inaccettabile e fa rischiare il dissesto ad alcuni comuni”, ha dichiarato invece il consigliere regionale dei Riformatori Michele Cossa intervenendo sul dibattito. “Le somme maturate sono importanti. Qualche esempio: 1,3 milioni di euro attesi da Arbus; 600mila euro Decimomannu; 2,4 milioni La Maddalena; 3 milioni Teulada; 1,3 milioni Villasor. Fanno la differenza nei servizi che questi comuni possono offrire ai cittadini o nella loro politica fiscale” continua Cossa. “È vero che esse sono cadute in perenzione? La regione ha fatto la “richiesta bei modo di legge” come chiede il ministero? Su questo occorrono risposte chiare e immediate, non c’è nulla da negoziare “ conclude Cossa.
“Siamo tornati indietro di 10 anni, in senso peggiorativo rispetto al protocollo d’intesa siglato con il ministero della Difesa nel marzo del 2007, che produsse pochi risultati nonostante l’elevato numero di beni militari dichiarati dismissibili”, ha dichiarato il senatore M5S Roberto Cotti. “Se poi dovessimo raffrontare l’elenco, le dimensioni, il numero e la qualità delle ipotetiche dismissioni contenute nel “Protocollo d’intesa Pigliaru”, tanto sbandierato in questi giorni come “storico” dal presidente della Regione, rispetto all’accordo definitivo sottoscritto da Soru nel 2008, sarebbe fin troppo facile etichettare come vero e proprio inganno dei sardi quanto oggi approvato dal Consiglio regionale. Infatti, è facilmente rilevabile come la grandissima parte dei beni del 2008 che si voleva trasferire alla Regione (per un valore all’epoca stimato in oltre 200 milioni di euro), siano ora spariti come d’incanto dalla bozza di intesa che si vuole sottoscrivere con il governo Gentiloni. Un’intesa sulle briciole, quindi. Dire che comunque ogni concessione sia meglio di niente, non serve a rilanciare con forza l’idea di liberare le nostre terre dalle servitù militari, per un utilizzo civile, produttivo, ambientalmente ed eticamente sostenibile. Il via libera alla sottoscrizione del protocollo d’intesa sulle servitù militari è un grave passo falso della Regione e di una classe politica miope che ha svenduto le ragioni di un popolo sull’altare del proprio interesse e futuro politico, per non dire prossimo elettorale”, conclude Cotti. “Cinquant’anni di battaglie e rivendicazioni buttati alle ortiche”.
Così il Polo dell’autodeterminazione“, nuovo raggruppamento dell’area identitaria che comprende i Rossomori, l’associazione Sardos, i
partiti indipendentisti Liberu, Irs, Sardigna Natzione, Gentes, Comunidades e Sardegna Possibile.”Ogni passo compiuto verso la liberazione delle terre sarde occupate dalle servitù militari e sottoposte a invasive esercitazioni militari va salutato con soddisfazione. Detto questo, l’accordo di programma presentato ieri in Consiglio regionale dal presidente Pigliaru è tutt’altro che storico. E, quand’anche si concretizzasse, è anni luce lontano da quel che serve: il presidente Pigliaru è ancora in tempo a non firmarlo” Per il Polo l’intesa “prevede un impegno a confrontarsi con lo Stato, attraverso un cronoprogramma tutt’altro che affidabile, proprio nei giorni che precedono il termine della legislatura e la fine dell’esperienza di un Governo che si è più di una volta mostrato inaffidabile nei confronti della Sardegna”. Quindi lo Stato “troverà più di una scusa per non dare seguito all’accordo”.