Direttore generale, quindi responsabile del Servizio tecnico e, ad interim, dei Servizi: amministrativo; agrario; segreteria personale, affari legali e generali. Il Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale (CBSM), articolato nei quattro servizi citati (guarda) è guidato da un unico professionista che ricopre tutti gli incarichi. Una posizione – quella di Roberto Meloni – che il collegio dei revisori, quale organo di controllo, ha fortemente stigmatizzato mettendo in risalto l’inevitabile “compromissione del principio di buona gestione aziendale della segregazione delle funzioni”.
Ente tra i più grandi d’Italia, guidato dal commissario straordinario Carlo Augusto Melis Costa con il precipuo incarico di portare a termine la fusione con i consorzi del Cixerri e del Basso Sulcis, il CBSM può contare su circa 180 dipendenti e il bilancio muove ogni anno decine e decine di milioni di euro. Tra i progetti più ambiziosi: la realizzazione della diga di Monte Nieddu, nelle campagne tra Sarroch, Pula e Villa San Pietro. Valore dell’appalto: 83 milioni. Cifre importanti, che andrebbero amministrate – dice la legge – secondo una rigida e rigorosa organizzazione, sostenuta alla base da una netta separazione delle funzioni. È uno dei principi basilari, se non le fondamenta, dell’amministrazione pubblica.
E invece, a sfogliare gli atti del Consorzio ci si può imbattere anche in passaggi come questo: “Il dirigente del Servizio tecnico e direttore generale ing. Roberto Meloni […] sentito il parere favorevole espresso dal Responsabile del procedimento ing. Roberto Meloni […] determina di provvedere…”. Si tratta di un documento (guarda) firmato un mese fa e relativo al già citato appalto multimilionario per la realizzazione della diga di Monte Nieddu.
La nomina di Meloni a responsabile del procedimento dell’appalto di Monte Nieddu è arrivata l’11 ottobre 2016, dopo le dimissioni del collega Nicola Dessì. L’incarico è ufficializzato tramite una lettera, una sorta di ‘comunicazione interna’ – per questo non appare in ‘amministrazione trasparente’ – mai pubblicata e intercettata da Sardinia Post. Nelle due pagine che compongono il documento (guarda), il commissario Melis Costa invita Meloni a svolgere le “funzioni sostitutive” di responsabile del procedimento o “ad individuare un altro dipendente”. Meloni ha ritenuto di dover conservare l’incarico.
Una curiosità: dalla medesima lettera si viene a sapere che il 19 dicembre 2013, il direttore generale (Roberto Meloni) aveva investito il dirigente del Servizio tecnico (Roberto Meloni) del ruolo di responsabile del procedimento, se è vero che come si evince dal curriculum del dirigente (guarda), in quella data occupava già entrambi i ruoli. Parrebbe per così dire un’autoassegnazione. L’atto, malgrado la legge sulla trasparenza fosse in vigore già da cinque mesi, non è mai stato pubblicato. Qualche tempo dopo era arrivata la conferma dell’incarico tramite delibera a firma dell’allora commissario Giovanni Pilia, lo stesso che pochi mesi dopo aveva revocato l’incarico a Meloni resosi conto dell’incompatibilità tra gli incarichi di Rup e Progettista dell’aggiornamento economico.
Motivazione: dicono le norme che “il responsabile del procedimento non può svolgere anche le funzioni di progettista per appalti di importo superiore ai 500mila euro (oggi portato a 1,5 milioni, ndr)”. Spiegava poi Pilia (leggi) che la concentrazione di tutti quei poteri nelle mani di un solo professionista “poteva essere valutata come potenzialmente lesiva della normativa vigente in materia di anticorruzione”. Quel documento non risulta annullato.
Intanto, giova forse ricordare che, oggi, il direttore generale del Consorzio (Roberto Meloni) sovrintende sull’operato del dirigente del Servizio tecnico (Roberto Meloni), che sovrintende sull’operato del responsabile del procedimento per la realizzazione della diga di Monte Nieddu (Roberto Meloni), il quale a sua volta sovrintende sul progettista dell’aggiornamento economico (Roberto Meloni).
Da notare poi che a metà febbraio il commissario Melis Costa aveva esteso ulteriormente i poteri di Meloni (guarda), nominandolo direttore generale di tutti e tre i consorzi interessati dalla fusione. Quell’atto però è stato annullato in autotutela (guarda) pochi giorni fa su indicazione di Federico Ferrarese Ceruti, direttore del Servizio programmazione e governance dello sviluppo rurale dell’assessorato regionale all’Agricoltura.
Sarà un problema di carenza di personale e blocco delle assunzioni, come scrive in una relazione (guarda) la responsabile del Consorzio per la prevenzione della corruzione, Federica Arangino, nel giustificare la totale assenza di rotazione del personale, così come previsto dalle norme anticorruzione. E infatti, secondo quanto appreso da fonti riservate, diversi mesi fa l’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone ha invitato l’assessorato regionale all’Agricoltura – e il presidente Francesco Pigliaru come rappresentante legale della Regione – ad agire con solerzia, per risolvere al più presto l’anomalia.
Ma la posizione di Meloni non è passata inosservata, come detto, nemmeno a Cagliari. “Osserviamo – scrivono i componenti del collegio dei revisori – che in tal modo il principio di buona gestione aziendale della segregazione delle funzioni risulti inevitabilmente compromesso”. La precisazione è contenuta in calce alla relazione sul bilancio consuntivo 2015 (guarda l’estratto), pubblicata pochi giorni fa e inviata anche agli uffici dell’assessorato regionale all’Agricoltura. Significa, in buona sostanza, che il controllato non può essere anche il controllore.
E non è la prima volta che il collegio fa notare come l’accentramento di tutte le funzioni apicali nella disponibilità di un unico soggetto – Meloni appunto – comprometta “il principio di buona gestione aziendale della segregazione delle funzioni”. Nella relazione sul bilancio preventivo 2016, l’organo di controllo guidato da Piero Maccioni e composto da Andrea Clarkson e Salvatore Angelo Pinna, aveva messo nero su bianco la medesima osservazione. Il documento era poi finito, oltre che sulla scrivania del commissario Melis Costa, appena nominato dalla giunta regionale, anche negli uffici dell’assessorato all’Agricoltura. Era il 26 maggio 2016. A distanza di un anno, la situazione non pare cambiata.
Pablo Sole