“Banda ladra”, prosciutto e mazzette nell’inchiesta sulla fibra ottica

A dispetto della rimarchevole stazza, pare che una volta sbarcato in Sardegna Nicola Tenaglia seguisse una dieta francescana: prosciutto, formaggio e pagnuttelle. O più prosaicamente, mazzette. Ben sistemate nel fondo di un cesto regalo, stracolmo d’ogni ben di Dio. Ma chi è Nicola Tenaglia? 68 anni, abruzzese di Vasto, in provincia di Chieti, è ben inserito nel giro dell’alta burocrazia capitolina, con un piede nei ministeri e l’altro nelle munifiche società in house. Come Infratel, entità del ministero della Sviluppo economico che dal 2007 al 2011 spedisce Tenaglia in Sardegna per controllare che i lavori per la realizzazione della rete internet a banda larga vengano eseguiti a regola d’arte.

Appalti milionari – il primo passa da un costo preventivato di 5,8 milioni a 7,2 – la cui gestione finisce nel mirino della magistratura dopo che un imprenditore locale, Stefano Piga, il 15 giugno del 2011 anziché andare in cantiere punta dritto verso il quartier generale della Guardia di finanza di Cagliari. Comincia a parlare e, con gli occhi sbarrati, gli agenti delle Fiamme gialle ascoltano e prendono appunti. Per l’inchiesta “Banda ladra” – come oggi la definisce scherzosamente Piga – è l’ora X.

Dalla ponderosa informativa di oltre 200 pagine arrivata sulla scrivania del Pm che segue l’indagine, Emanuele Secci, emerge un sistema gelatinoso, una sorta di Tetris dove i pezzi devono combaciare perfettamente e se qualcuno si mette di traverso, è automaticamente fuorigioco. Il canovaccio è vario e il cast eterogeneo: c’è la funzionaria del ministero, il cantoniere dell’Anas, gli imprenditori chiamati ad effettuare i lavori che, intercettati, raccontano tra le altre cose della pagnuttella e di altre regalie per ammansire Tenaglia.

Il capitolo intercettazioni regala agli inquirenti chicche insperate. C’è lo smaltimento dei materiali di risulta che grazie a operatori compiacenti, risultano conferiti solo sulla carta, mentre la maggior parte finisce ad insozzare le campagne circostanti. E ci sono pure i consigli che un uomo di Imet (che si aggiudica il primo appalto da 7,2 milioni) dispensa “aumma aumma a un subappaltatore per risparmiare sulle spese di costruzione (“Usa amido stabilizzato, al posto del cemento”). C’è l’imprenditore che si lamenta del fatto che Tenaglia “gli sta costando un occhio della testa” e c’è pure il cantoniere dell’Anas che chiama un addetto tecnico della Imet e, pacato, esordisce: “Io a lei le spezzo le ossicine. Perché state facendo lavori non conformi e questo a noi ci crea molti problemi. Si regoli”. Insomma, molti sapevano, tutti o quasi hanno taciuto.

Piga è un fiume in piena e racconta di mazzette, regalie, ville abruzzesi ristrutturate con i proventi delle pagnuttelle e anche di una marea di soldi incassati dalla Imet grazie alle certificazioni “accondiscendenti” quanto “mendaci” di Tenaglia. Sostiene, l’armungese, di aver dato al direttore dei lavori di Infratel almeno 80mila euro in contanti. “Ma forse pure di più”, dice oggi Piga. Documentare il passaggio di denaro però è difficile.

assegno piga 5mila euro
L’assegno di 5mila euro firmato da Stefano Piga

“Non ti permettere di fare queste cose con me”, intima piccato Tenaglia a Piga, quando l’imprenditore di Armungia tenta di rifilargli un assegno. Ribadisce, il capoccia di Infratel, la predilezione per il contante. Che non è tracciabile. Da qui il gustoso episodio della giacca che Tenaglia dimenticava in ufficio e, una volta recuperata, l’indumento risultava misteriosamente prodigo di banconote. Eppure Piga – evidentemente già orientato alla denuncia – riesce a rifilargli per interposta persona due chèque da 5 e 2mila euro che, si scoprirà più tardi grazie al lavoro delle Fiamme gialle, “serviranno a finanziare la ristrutturazione di una casa” piuttosto malconcia che Tenaglia aveva ereditato a Vasto. Oggi è una lussuosa magione. Sotto sequestro.

La casa di Tenaglia prima e dopo la ristrutturazione
La casa di Tenaglia prima e dopo la ristrutturazione

“Poi hanno fatto figurare dei lavori che non sono stati fatti, incassando a occhio e croce almeno 3 milioni di euro non dovuti – continua l’imprenditore – ad esempio facendo figurare interventi su asfalto, pagati in totale 58 euro al metro, malgrado la maggior parte degli scavi fosse effettuato su terra, pagati invece 16 euro al metro”. A confermare parzialmente la sua tesi sarà il perito nominato dalla Procura, l’ingegnere Cristina Onnis, che insieme con gli agenti della Guardia di finanza, i carabinieri e lo stesso Piga, esegue sul posto i rilievi nei 17 lotti dell’appalto. “Sono stati contabilizzati e liquidati alla Imet 433mila euro non dovuti”, è il responso finale. Un esempio: per il cantiere di Santadi, Infratel ha liquidato Imet con 150mila euro. “Ma ne doveva pagare 85mila”, certifica l’ingegnere Onnis. Piga però non ci sta e al processo, tra qualche settimana, conta di presentare una seconda perizia.

Peraltro, il quadro economico tracciato dagli investigatori è impietoso. A giochi chiusi, il costo a chilometro dell’appalto aggiudicato alla Imet è stato di 66mila euro contro i 13mila liquidati alla Ericsson, la società che si aggiudica il secondo appalto e che tra il 2011 e il 2013 lavora al cablaggio della Sardegna centro-settentrionale. “Imet ha ricevuto da Infratel pagamenti per 7,1 milioni a fronte di fatture dei fornitori pari a 3,5 milioni – si legge nell’informativa -. Ha cioè ricaricato di circa il 50%”. Una bella cifra, considerato che secondo gli investigatori la Imet ha subappaltato la maggior parte dei lavori “attraverso vari artifici, ben conscia del fatto che non potesse delegare a terzi una percentuale di interventi oltre il 30%”, ricordano gli investigatori nell’informativa.

E “i lavori in verità non sono stati effettuati oppure sono in difformità rispetto al progetto – proseguono gli agenti delle Fiamme gialle – e i fondi risparmiati sarebbero stati usati per costituire verosimilmente fondi neri per dazioni in denaro allo scopo di ammansire i funzionari addetti ai controlli”. Come il direttore dei lavori, per conto di Infratel, Nicola Tenaglia. Ma a processo andranno anche il project manager della Imet Luciano Tracucci e l’addetto tecnico dei cantieri Imet Michele Ragni. Pochi mesi fa è arrivato il rinvio a giudizio e il 23 settembre prossimo si terrà la prima udienza. Tra le accuse: truffa, falso, frode nelle pubbliche forniture e concussione.

Eppure, già in tempi non sospetti, Infratel era a conoscenza delle passioni gastronomiche e pagnottare di Tenaglia. Lo ha ammesso durante un colloquio con la Guardia di Finanza lo stesso direttore generale, Salvatore Lombardo. Che in relazione all’appalto sardo è pure il Responsabile unico del procedimento. Ovvero colui che ha controfirmato le certificazioni di Tenaglia e liquidato i denari alla Imet. Nonostante questo, l’ingegnere abruzzese rimane ben saldo al suo posto. Forse perché “fa il lavoro sporco”, si lascia sfuggire in una conversazione telefonica intercettata Vittorio Canale, direttore dei cantieri per conto di Ericsson. Parlava al cellulare con una funzionaria ministeriale che lavora per Infratel.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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