Erano da poco passate le 11 di un sabato di primavera quando l’aereo militare guidato da Alessandro Ferraresi, pilota emiliano, si inabissò nelle acque del Golfo di Oristano. Era il 30 maggio 1987 e il ragazzo, 23 anni appena, faceva parte di un gruppo di piloti che si addestrava nella base militare di Decimomannu, a pochi chilometri da Cagliari: quella mattina erano partiti in formazione a bordo dei loro F104, velivoli potentissimi considerati all’epoca tra i più veloci al mondo, in direzione del poligono di Capo Frasca. Qualcosa nella missione andò storto: il mezzo guidato da Ferraresi scomparve improvvisamente alla vista dei compagni e cadde in mare.
Trent’anni fa, come oggi, il cielo tra Decimomannu e Capo Frasca era solcato da decine di aerei militari che testavano traiettorie, strategie e velocità e da centinaia di piloti che si preparavano alla guerra aerea. Come raccontano le cronache di quell’anno, Ferraresi era arrivato nell’Isola da Bari, dove lavorava come sottotenente del 36esimo stormo dell’Areonautica, per il corso di perfezionamento in volo che allora si teneva nella base di Decimo. Insieme a due colleghi quella mattina di maggio era partito per la missione ‘Lancia’: prove di volo, guerre simulate sul golfo oristanese e infine le esercitazioni di tiro attorno al poligono di Capo Frasca del sistema Acmi, Air Combat Maneuvering Instrumentation, unico in Europa per la simulazione di guerre controllate elettronicamente con strumenti e attrezzature per quell’epoca all’avanguardia.
“La missione Lancia – si legge nel documento che racconta l’inchiesta sull’incidente firmato da Furio Volpi – era stata regolarmente programmata e prevedeva l’effettuazione nel poligono Acmi di una missione di addestramento al combattimento aereo. Il capo formazione prima del decollo aveva tenuto un briefing dettagliato sulla missione, coprendo tutti gli aspetti della stessa e in particolare la dinamica dei combattimenti e la sicurezza durante gli ingaggi”.
Le prime operazioni, prosegue il racconto, si svolsero regolarmente ma all’improvviso l’aereo guidato da Ferrarese iniziò a perdere quota da un’altitudine di circa mille metri con una velocità di 300 metri al secondo e finì in mare: l’incidente fu di sicuro improvviso, dato che il pilota non tentò neanche di mettersi in salvo col paracadute. Immediato l’allarme da parte dei due compagni che avevano assistito alla caduta: sul posto arrivò un elicottero che vide in mare, nel punto in cui si era inabissato l’aereo, una larga chiazza oleosa. Il corpo del pilota fu cercato per quattro giorni e quattro notti da barche ed elicotteri e non fu mai trovato.
L’incidente in addestramento militare di Alessandro Ferrarese è stato l’ultimo in Sardegna ma non un caso isolato: nei cieli tra Decimo, Villasor e Capo Frasca dalla fine degli anni Cinquanta fino al 1987 furono decine gli aerei caduti o costretti ad atterraggi di emergenza durante le esercitazioni militari. La base aerea di Decimomannu ha pubblicato un elenco dei piloti morti dal dopoguerra: un inglese, nove tedeschi della Luftwaffe e della Marinenflieger e sette italiani dell’Areonautica militare.
Francesca Mulas
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