“L’industria sarda è in piena crisi, ma non se ne può fare a meno“. Questa la sostanza del Rapporto del Crel (Consiglio regionale dell’economia e del lavoro) che definisce il settore “quello più in difficoltà in tutta l’isola”. le cifre sono impietose: il contributo dell’industria al Pil “è passato dal 2007 al 2011 dal 13 al 10,5 per cento, con un valore aggiunto diminuito negli stessi anni del 21,6 per cento”.
Altri numeri: “I lavoratori sono 45.619, a cui vanno aggiunti i 40.972 addetti delle costruzioni“. Ma i segni meno si registrano anche sul fronte occupazione con una flessione, dal 2007 al 2012, di un quarto dei lavoratori. Tuttavia, secondo il Crel non è solo colpa della crisi internazionale. “La Sardegna paga anche la lentezza della burocrazia e gli storici problemi dei trasporti e dell’energia. Per questo il presidente Antonio Pilidu parla di Obiettivo Europa: “La sfida per l’Isola e per il suo sistema produttivo sarà quella di riuscire a cogliere l’importante opportunità rappresentata dalla nuova stagione di programmazione europea che delinea un’industria moderna, fortemente ancorata alle tematiche ambientali che ha necessità di continua innovazione tecnologica e di ricerca e di forza lavoro qualificata“.
Sempre riferendosi alle occasioni offerte dall’Ue, il presidente del Crel ha detto ancora: “La Sardegna non può fare a meno dell’industria, ma ha certamente l’obbligo di rilanciare il settore in chiave di ecosostenibilità”. Per Gino Mereu, il presidente della commissione che ha elaborato il documento, “l’eventuale scomparsa della grande industria comporterebbe, oltre che un’ulteriore diminuzione dell’occupazione e crollo dei crediti, un drastico calo del livello medio della produttività”.
Il Crel cita anche alcuni esempi positivi: Generale conserve (Asdomar a Olbia), Portovesme srl, Eni e Novamont insieme nella società Matrica. Massima attenzione alla piccola e media impresa. “La ripresa – dicono dal Consiglio regionale per l’economia e il lavoro – passa soprattutto attraverso le scelte di qualità e innovazione. In questo modo – chiude Mereu – è possibile stare su mercato locale, nazionale e internazionale”.