“Non ho alcun dubbio: i sardi che hanno dato vita alla grande civiltà nuragica sono gli Shardana dei Popoli del Mare“. È categorico Giovanni Ugas, archeologo che ha trascorso una vita a studiare la storia antica della Sardegna. Trent’anni di ricerca incessante e puntuale hanno dato vita a un nuovo volume che spiega, punto per punto, perché gli Shardana che dominavano il Mediterraneo durante l’età del Bronzo sarebbero da identificare con i sardi dell’isola dei nuraghi.
Un’ipotesi, questa, che ha animato polemiche e dibattiti nel mondo accademico da più di un secolo e che oggi secondo Ugas, archeologo della Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano tra il 1978 e il 1992 e poi fino al 2010 ricercatore per l’Università di Cagliari, non sarebbe più da mettere in discussione: “Ne sono convinto, ne ho tutte le prove”. La conferma a lungo cercata è raccontata nelle mille pagine di “Shardana e la Sardegna. I Popoli del Mare, gli alleati del Nord Africa e la fine dei grandi regni” appena arrivato in libreria per le Edizioni della Torre. Il volume sarà presentato venerdì alle 17 negli spazi della Fondazione Sardegna, in via San Salvatore da Horta a Cagliari alla presenza dell’autore e degli studiosi Giulio Paulis e Raimondo Zucca.
Problema risolto dunque? Non proprio, dato che secondo lo stesso archeologo le questioni aperte riguardo alla civiltà nuragica sono ancora tante. Un punto di partenza però c’è: quegli Shardana di cui parlano le fonti antiche sono proprio i sardi nuragici, popolo di navigatori e guerrieri con forti contatti commerciali e politici nel Mediterraneo.
Popoli del Mare e Shardana nei documenti antichi.
Ma andiamo con ordine: da tempo sono noti al mondo scientifico papiri, tavolette, epigrafi, affreschi e bassorilievi del II millennio avanti Cristo provenienti da Egitto e altri paesi che citano in più punti i Popoli del Mare, una coalizione di genti che abitava le ‘isole del gran verde’: una sorta di lega navale mediterranea tra cui vi erano Aqaiwasa, Likka, Shekelesh, Ekweshh, Pelaset e gli Shardana o Sherdewn. La prima testimonianza è del 1350 avanti Cristo: sono le tavolette di argilla scritte in cuneiforme ritrovate a Tell El Amarna, antica capitale del faraone Akhenaton. Queste genti, secondo le fonti, furono in più occasioni avversarie dei faraoni egiziani, in altri momenti i guerrieri Shardana combattevano accanto al faraone Ramses II. La stessa coalizione fu poi, sempre secondo le fonti antiche, responsabile della distruzione dei grandi regni ittita, miceneo, egizio tra la fine del XIII e gli inizi del XII secolo: genti bellicose dunque, capaci di allearsi tra loro e dominare popoli ricchi e potenti.
Chi erano i Popoli del Mare? Ci si interroga sin dal 1867.
Su chi fossero i popoli Popoli del Mare, la loro origine e il loro ruolo nel Mediterraneo antico si interrogarono per primi gli studiosi Emanuel De Rougé e Francois Chabas nella seconda metà dell’Ottocento: concordavano entrambi che si trattava di genti che provenivano dal Mediterraneo centrale e che gli Shardana arrivavano dalla Sardegna. La tesi venne ripresa da altri e avvalorata anche dall’archeologo sardo Giovanni Spano; persino Giovanni Lilliu scriveva che “L’ipotesi che sullo scorcio del II millennio a.C. dimorasse in Sardegna un popolo particolarmente addestrato alla milizia che con altri popoli della lega mediterranea contro l’Egitto giunse al delta nilotico o al confine libico-egizio dal mezzo del mare con proprie flottiglie, se non è da accogliersi acriticamente non si può nemmeno scartare del tutto, aprioristicamente”. E proprio alla lezione di Lilliu Giovanni Ugas, che ne è stato allievo, dice di richiamarsi: “Ho messo in relazione i documenti antichi, la letteratura classica, l’iconografia e i materiali archeologici sardi e non solo esattamente come ci insegnava Lilliu nel ricostruire la storia del passato – ci ha raccontato l’archeologo – il risultato è che oggi non abbiamo più dubbi sull’identificazione Shardana e Sardegna. E molti studiosi concordano con me”.
Le prove.
Ugas ha combinato i documenti antichi con i materiali archeologici venuti alla luce negli anni recenti: “Mentre fino a qualche tempo fa si rifletteva in linea teorica e con pochi elementi, oggi possiamo ragionare con prove nuove. Negli anni Settanta sono venuti alla luce in Sardegna, nel sito di Antigori a Sarroch, i primi materiali micenei che provavano che i nuragici non erano isolati, ma avevano rapporti con il resto del Mediterraneo; a questi ritrovamenti poi ne sono seguiti altri che testimoniano contatti con genti fenice, cretesi, cipriote e anche certi elementi architettonici tipici della civiltà nuragica come la tholos sono comuni al mondo egeo. Inoltre conosciamo le armi e le costruzioni fortificate, i nuraghi, da qui la prova che i sardi di età nuragica erano un popolo di guerrieri”. Ecco dunque una prima prova che confermerebbe, secondo Ugas, una presenza costante nel Mediterraneo dell’età del Bronzo. Una seconda va cercata nelle immagini: “Gli Shardana dei documenti egizi mostrano spade a lama triangolare e scudi piccoli e tondi, armi come lance, spade corte, giavellotti, arco e frecce, si proteggono il capo con elmi a calotta con corna, pennacchi e dischi e indossano un gonnellino che termina a punta nella parte posteriore. Esattamente come l’armatura e l’abbigliamento che osserviamo nei bronzetti nuragici e anche nelle grandi sculture di Mont’e Prama”. E poi c’è il nome: “Con le sue varianti il nome della Sardegna e dei Sardi coincide con quello attestato per i guerrieri Shardana in Egitto, Anatolia e Vicino Oriente. Le fonti greche antiche fanno risalire il nome di Sardo, eponimo dell’isola e dei suoi abitanti, al Neolitico. Il nome Shrdn, registrato per la prima volta ai tempi del faraone Amenophi IV, è documentato in Egitto nel secolo VIII a.C., quando con la stessa voce i Fenici chiamavano i Sardi o la Sardegna, come attesta l’iscrizione della nota stele di Nora, la più antica dell’Occidente”. E sulla provenienza Ugas rintraccia un’altra conferma: “Gli Egizi collocavano gli Shardana nelle ‘Isole che stanno in mezzo del Verde Grande’, dunque un complesso di terre nel pieno Mediterraneo che io vedo a Ovest di Grecia e Creta. La Sardegna inoltre distava appena un giorno e mezzo di navigazione dal Nord Africa”. E ancora, indagini genetiche, economia, società, contatti commerciali fornirebbero elementi nuovi per identificare Sardi e Shardana. Questi ultimi inoltre, proprio come i nuragici, non conoscevano la scrittura, non usavano carri trainati da cavalli e abitavano una terra ricca di minerali e argento.
Gli studi di Giovanni Ugas sugli Shardana hanno trovato approvazione soprattutto fuori dall’Isola, gli archeologi sardi restano invece ancora scettici. “Il mio lavoro è frutto di una ricerca ampia che mi ha portato anche lontano dalla Sardegna: ho verificato documenti e testi punto per punto, ho cercato riscontri e confronti. Non so come il mio libro sarà accolto, spero solo che sia un nuovo punto di partenza per gli studi della Sardegna nuragica”.
Le sculture di Mont’e Prama: raffigurazione degli Shardana?
In questa complessa ricerca si arriva anche a una delle più sorprendenti scoperte degli ultimi decenni nell’Isola, le sculture nuragiche di Mont’e Prama, a Cabras: “Esattamente come i bronzetti, anche le statue di Cabras sono rappresentazioni di eroi e divinità del passato. Intorno al 1180 avanti Cristo con la sconfitta dei grandi regni (gli Ittiti, gli Egizi e i Micenei) da parte dei Popoli del Mare, tra cui vi erano gli Shardana, si chiudeva un’epopea: in questo momento anche in Sardegna iniziò una nuova fase con nuovi modelli sociali, economici e politici. Non stupisce dunque che si celebrassero gli antichi eroi, gli Shardana di un passato così glorioso: Omero nel mondo greco celebrava le figure mitologiche con la parola, i nuragici invece lo facevano attraverso l’arte”.
Francesca Mulas