La lettera-appello di Walter Piludu: “Lasciatemi decidere quando morire”

“Vi chiedo che senza sgargianti bandierine di parte e senza querule primazie propagandistiche, almeno su un tema come questo, si riesca a trovare l’inedito coraggio di una sostanziale intesa che stimoli la predisposizione di un serio e approfondito disegno di legge”.

Walter Piludu, 64 anni, presidente della provincia di Cagliati per il Partito comunista negli anni Ottanta e fino al 1990, dal 2011 malato di Sla, l’ha scritto in una lettera indirizzata al Papa e ai principali leader politici nazionali (da Renzi a Grillo, da Berlusconi a Monti, da Vendola a Salvini, da Alfano a Giorgia Meloni) che è stata pubblicata su Repubblica nella rubrica di Corrado Augias.

Una lettera scritta, come chiarisce il suo autore, solo grazie all’ausilio di un computer a comandi oculari per porre un problema “al tempo stesso personale e generale: il problema del fine vita”. Un problema, sottolinea, che ha una sua “specifica concretezza” e non va ridotto a una “mera questione filosofica astratta”.

A sollevarlo è un uomo che, grazie alle amicizie e agli affetti familiari, riesce ancora dare un senso alla sua  vita attuale, non è afflitto da quelle che definisce “fisime suicidarie”, ma che è consapevole del suo destino: “Sempre che non intervenga prima una fatale crisi respiratoria che sopravanzi l’azione meccanica del respiratore, sono condannato a perdere completamente – più prima che poi – le mie funzioni vocali”.

A questo evento – alla perdita della capacità di parlare, sia pure con un filo di voce – Walter Piludu spiega di aver deciso di “collegare il punto finale” della sua vita. “Non avendo avuto in dote alcuna credenza religiosa e avendo il sereno convincimento che la morte sia la fine di tutto – scrive ancora -, non prendo affatto sottogamba questo tema. Appunto perché la vita è una, unica, irripetibile esperienza, essa deve poter essere vissuta senza essere avvertita come una insopportabile prigione. C’è, insomma, un diritto inalienabile, di dignità e di libertà, che deve essere garantito ad ogni persona”.

La richiesta è di poter decidere il momento in cui morire, senza dover andare in Svizzera per farlo. Poter morire accanto ai propri affetti, e nel momento in cui lo si decide. “Naturalmente, c’è sempre la possibilità che, al momento cruciale, io possa cambiare idea o perdere la forza necessaria. Ma se la mia determinazione avrà la meglio sulla mia eventuale incertezza, mi chiedo e vi chiedo: è accettabile, è umano, è pietoso costringere una persona e i suoi cari ad un tale fardello di prolungata, indicibile sofferenza?”.

A questa domanda la politica italiana ancora non ha dato una risposta. Ancora non esiste una legge sul fine vita. Quella “pluralità di convincimenti ideali, appartenenze ideologiche, considerazioni di opportunità, valutazioni di utilità” che rappresentano la complessità del confronto politico non è stata capace di trovare una sintesi. Ma, sottolinea Walter Piludu, “anche la non decisione è una decisione”. E aggiunge: “So che l’essenza, vorrei dire la nobiltà, della politica sta nella sua capacità di osare, nel coraggio di assumere decisioni in grado, a volte in tempi imprevedibilmente rapidi, di rendere migliore la vita delle persone e della società”.

L’immagine che illustra questo articolo è tratta dal sito dell‘Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) della Sardegna.  Nel corso del terzo convegno regionale dell’associazione, nel giugno del 2012, Walter Piludu – a cui era stata diagnosticata la malattia l’anno precedente – suonò il piano. Ecco, in proposito, cosa si legge nell’articolo dedicato all’evento: “Ogni malato è unico e singolare, è innanzitutto una persona che ha il diritto di poter continuare a manifestare il proprio estro. Convinti di questo siamo stati abbracciati e avvolti dalla musica dell’anima di Walter Piludu, un bravissimo musicista affetto da Sla, che ha esternato, attraverso il movimento dolce e sinuoso delle sue mani sul piano, una calorosa melodia”.

 

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