Da un piccolo carcere sardo all’attentato di ieri, a Tunisi. Dove, nel museo del Bardo, affianco al Parlamento, quattro uomini vestiti da militari, armati, hanno preso in ostaggio un gruppo di decine di turisti. Poi la sparatoria con il blitz delle forze antiterrorismo della Tunisia e i morti. L’ultimo bilancio (ancora parziale) parla di 22 vittime, di cui 4 italiani. Soprattutto passeggeri di una nave da crociera della Costa, partita nella notte. I responsabili sarebbero legati a una cellula jihadista, molto probabilmente collegata all’Is.
Ebbene, tra la strage di Tunisi e la Sardegna c’è un filo sottile. Un legame che passa per la detenzione nell’istituto di Macomer. La linea la traccia dalla sua pagina Facebook il giornalista Toni Capuozzo: “Da valutare voce insistente che parla di connection italiana: una rete di cui farebbe parte un detenuto a Macomer e altri tre tunisini. Le stesse voci dicono di uno del commando che parlava italiano”. Capuozzo nell’analisi praticamente in diretta che fa sul social media addirittura ipotizza che fossero gli italiani l’obiettivo principale dell’attacco: “Sapevano di nave arrivata, quello tra i terroristi che parlava italiano ha identificato con più facilità turisti italiani nel museo. Nel mirino impegno italiano in Libia…”
La pista italiana e sarda porta proprio nell’istituto del Marghine, chiuso ormai da mesi, in cui si sarebbe creato l’humus ideale. Qui scontavano la pena, nella sezione speciale AS2, detenuti condannati per reati di terrorismo islamico, vicini ad Al Qaeda. Non personaggi qualsiasi, ma di spicco, con un certo ruolo, capaci di reclutare altri proseliti e seguaci. In grado di metter su piani e missioni. Non è un caso che al carcere fosse stato ribattezzato “Guantanamo italiana” per l’alta percentuale di terroristi: una concentrazione a rischio. In particolare sono due i nomi: l’egiziano Mohamed Rabei, coinvolto nell’attentato alle stazioni di Madrid nel 2004 con quasi 200 morti, e il tunisino Alì Bu Ya Yia, vicino ai componenti del comando che nel 2005 parteciparono alla strage di Londra con 50 morti.
Il nome del detenuto di Macomer è circolato già nei giorni immediatamente successivi alla strage al giornale parigino Cherlie Hebdo. Si tratta del tunisino Jarray Khalil, ma non farebbe parte della lista speciale stilata dal ministero dell’Interno con i detenuti per reati di terrorismo di matrice islamica considerati più pericolosi.