Razzismo sardo: una preoccupante realtà o il delirio di qualche isolato della rete? Nelle ultime ore in tanti si sono posti il dubbio: tra social network e quotidiani impazzano i commenti contro l’arrivo in Sardegna del ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge annunciato nei giorni scorsi a proposito della visita sarda di Papa Francesco.
Considerando che Papa Bergoglio rappresenta lo Stato Pontificio, è previsto che durante i suoi spostamenti fuori dal Vaticano venga accolto da un rappresentante del governo italiano, in base a quanto suggerisce un protocollo diplomatico. Nonostante ciò la notizia dell’arrivo della Kyenge nell’isola sembra aver rotto gli argini di un fiume di xenofobia che non usa direttamente la parola “razza”, ma si cela dietro offese pesanti: “Il ministro viene a Cagliari per vedere quanti clandestini irregolari può spedire in Sardegnia; che resti a casa sua non ci fa gniente a Cagliari ”, scrive Felice Tuveri sulla pagina facebook di Sardinia Post“. “A questo punto non riceverei neanche il Papa! Insieme ci stanno solo per un motivo: aprire centri di accoglienza per immigrati in Sardegna, la chiesa ovviamente ci guadagna. I volontari no, e sopratutto la Sardegna perderà i diritti di decidere! Dovrà solo pagare tasse senza avere servizi perché quei soldi andranno solo per l’integrazione”, scrive Margherita Ro. “A che titolo?????????? Se voleva venire in Sardegna poteva farlo senza scroccare viaggio e quant’altro” commenta invece Carmen Cogotti.
Ma allora cosa succede? C’è davvero una parte della Sardegna che sta sprofondando nel razzismo? “Purtroppo lo sostengo da tempo, il pensiero razzista nella nostra isola non è mai morto”, denuncia l’archeologo oristanese Alfonso Stiglitz. “Fino a poco fa era un pensiero strisciante, da qualche tempo invece sembra non ci si vergogni più di dire certe cose. Il fatto di essere una terra accogliente e ospitale ci ha fatto credere di non avere questo problema, purtroppo è ora di fare i conti con la realtà”.
Stiglitz, studioso della storia sarda del primo millennio avanti Cristo, sottolinea che le teorie attorno a una presunta “purezza” dei sardi hanno una loro, diciamo, “tradizione”. Anni fa il mondo scientifico isolano ha dovuto fare i conti con la figura di Lino Businco, vicedirettore dell’Ufficio della Razza e firmatario del Manifesto della Razza, che nel 1938 pubblicò il suo studio “Sardegna Ariana” con l’incredibile affermazione che “Non potevano appartenere a opachi aggruppamenti razziali africani quegli uomini i cui antenati avevano dato origine alla luminosa civiltà dei Nuraghi”.
Pochi anni prima un altro studioso cagliaritano, Romualdo Loddo, aveva firmato un mirabolante ragionamento in cui ritrovava le origini del fascio littorio nientemeno che nell’ascia nuragica. Ma stiamo parlando di un secolo fa, vedendo i commenti contro la Kyenge possiamo realmente pensare a un razzismo sardo contemporaneo? “Leggere certe frasi mi ha colpito molto – prosegue Stiglitz – ma non sono sorpreso. Oggi si parla di Dna e si porta a modello una presunta identità genetica per giustificare l’unicità dei Sardi. Non dimentichiamo però che siamo figli di una regione che per secoli ha ospitato popoli diversi in un clima culturale e sociale complesso. Il termine “sardi” indica già in origine una realtà meticcia, di migranti e di autoctoni venuti da fuori. Lo racconta la storia di Sardo, eroe che viene dalla Libia, figlio di Maceride, il Melqart di Tiro, la città fenicia per eccellenza. Guida i Libici in Sardegna dove si stabiliscono. Da qui inizia la storia dei Sardi, i meticci di Sardegna: dall’incontro tra tutto quello che c’è stato prima e quello che viene dopo, un processo continuo”.
Dobbiamo preoccuparci di chi palesa in maniera così feroce intolleranza e xenofobia? “Credo che certe persone vadano semplicemente ignorate. Purtroppo quelle che si fanno sentire sono sempre le voci che urlano di più”, sostiene Lilli Pruna, docente universitaria e sociologa, “per fortuna non è certo questo il sentimento che prevale in Sardegna; anzi, credo che la presenza di un ministro che ha subito tanti attacchi a sfondo razzista possa essere un ottimo esempio per mostrare l’isola come una regione accogliente e solidale”.
Tra i commenti sulla pagina facebook di Sardinia Post anche quello di Antonello Saba parla della visita della Kyenge come di un’opportunità per dare un buon esempio davanti al resto del paese: “Ad accogliere il Papa ci sarà (per lo Stato) uno dei ministri più interessanti di questo governo. Emblema di un tema a cui questo Papa è particolarmente sensibile. L’Italia e la Sardegna faranno un figurone, alla faccia di quei quattro gatti di cui sopra”.
Francesca Mulas