Ancora una volta la Sardegna conquista un primato negativo tra le regioni italiane: l’Isola ha il più alto numero di studenti che abbandonano la scuola prima del diploma. Tra i ragazzi che cinque anni fa si sono iscritti in un istituto superiore, uno su quattro non ha terminato gli studi: il risultato è un esercito di settemila giovani sotto i diciotto anni che dal Nord al Sud della Sardegna viaggeranno nel mondo del lavoro solo con la terza media.
A descrivere l’inquietante quadro della gioventù isolana è il rapporto “Dispersione nella scuola secondaria superiore statale” pubblicato pochi giorni fa dalla rivista Tuttoscuola: un dossier da allarme rosso che parla di tre milioni di italiani che hanno smesso di studiare negli ultimi quindici anni.
“Dispersione fa rima con disoccupazione – scrive il comitato scientifico che ha curato il rapporto -: questi giovani li ritroviamo quasi tutti tra i Neet, ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non fanno formazione o apprendistato”.
Di questa marea di italiani con la terza media la Sardegna “vanta” il numero più alto: 6.903 studenti pentiti. Nella classifica regionale, in testa c’è Sassari, seguita da Cagliari, Oristano e Nuoro. Sono il 36,2 per cento i giovani che, pur iscritti a scuola, non arrivano alla soglia dell’esame di maturità. Il dato preoccupa ancora di più se si pensa che nel resto dell’italia la media è del 27 per cento. L’Isola è comunque in “buona” compagnia con Sicilia e Campania che non fanno meglio di noi.
“Cifre da guerra mondiale – si legge ancora nel rapporto – una shoah sociale, un’emorragia che ogni anno indebolisce il corpo sociale del paese e ne riduce la capacità di competere come sistema nazionale nella società della conoscenza, che non sembra però essere vissuta come una vera emergenza”.
La nota negativa per l’isola non è solo nei numeri: la dispersione, come ricorda Tuttoscuola, significa un’istituzione scolastica a carico dello Stato che non ha raggiunto i suoi obiettivi. Per non parlare del disagio sociale e dei suoi effetti collaterali: i giovani senza titoli e senza lavoro sono a rischio criminalità e sono un costo per governo, regioni e comuni tra sussidi, progetti di occupazione, corsi formativi e tirocinii.
Ii motivi di queste cifre spaventose? L’Anief, associazione nazionale insegnanti e formatori, ricorda che negli ultimi anni le amministrazioni comunali del Sud hanno speso sempre meno per l’istruzione, a differenza delle regioni di Centro e Nord Italia che hanno invece aumentato le risorse. Non secondaria la diminuzione degli insegnanti: il ministero per l’Istruzione ha deciso che in Sardegna dal prossimo anno ci saranno 27 cattedre in meno. E ancora disaffezione verso la scuola e le istituzioni, insuccesso e demotivazione, orientamento e monitoraggio spesso inesistenti. Non ultimo, la mancanza di un collegamento tra scuola e mondo del lavoro.
E in Sardegna come si affronta la questione scuola? La giunta Pigliaru, in linea con le priorità già indicate dal governo di Matteo Renzi, ha inserito tra i provvedimenti di emergenza il programma per l‘edilizia scolastica: 93 milioni di euro disponibili e alcuni cantieri pronti a partire nei prossimi mesi. “Ben venga il piano di ristrutturazione degli edifici scolastici voluto dal governo – sottolineano ancora da Tuttoscuola – Ma i dati di questo dossier, che fotografano il disagio giovanile che ne è in buona parte la causa ma che così si alimenta e si ingrandisce come conseguenza, dovrebbero essere attaccati alle pareti della sala del consiglio dei ministri, ed essere oggetto di analisi e discussioni per trovare le medicine adatte a partire ad esempio dall’idea di ridurre le bocciature, anticamera dell’abbandono della scuola, e fare corsi di recupero e attività integrative sfruttando gli spazi e i tempi della “scuola aperta”.
Nei prossimi mesi dunque vedremo operai e ingegneri al lavoro per rifare il look agli istituti sardi. Non pervenuti, per ora, proposte e progetti per migliorare e far crescere realmente la scuola nell’isola.
Francesca Mulas