Ci sono anche duemila precari sardi tra quei 250mila insegnanti italiani che la Corte di giustizia europea ha ordinato di assumere a tempo indeterminato. La sentenza (qui la nota stampa di Lussemburgo) è arrivata oggi, a chiusura di una battaglia legale avviata nel 2006 dal sindacato Gilda che a Lussemburgo si è costituito parte civile. Maria Domenica Di Patre, nuorese, vicecoordinatrice nazionale e capo delegazione politica, parla di “sentenza storica”.
Alla Corte Ue, visti i ricorsi del Gilda, si sono appellati sia un giudice di Napoli che la Consulta attraverso il cosiddetto rinvio pregiudiziale. Ovvero, la richiesta di un pronunciamento sul merito rispetto al decreto legislativo contestato dal sindacato. Precisamente il 368 col quale l’Italia, nel 2001, recepì la Direttiva europea 99/70 sui principi generali del lavoro precario. E per gli Stati membri scattò un obbligo: fissare un tetto massimo di assunzioni a termine.
Rispetto a quel dl, che nel pubblico impiego non permetteva rinnovi contrattuali oltre i 36 mesi (un vincolo a ben vedere disatteso), la Corte di giustizia Ue ha stabilito che la normativa italiana non è allineata alle disposizioni comunitarie. Per tre motivi su tutto: intanto “non prevede alcuna misura diretta a prevenire il ricorso abusivo al contratto a tempo determinato“. Ancora: il decreto legislativo non ha fissato “criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di una assunzione a termine risponda ad un’esigenza reale”. Né – hanno scritto ancora i giudici lussemburghesi – sono state definite “altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a sifatti contratti“.
Tuttavia, trattandosi di un rinvio pregiudiziale le assunzioni a tempo indeterminato non scattano in automatico. Serve che i precari presentino ricorsi ai tribunali italiani del lavoro. O, qualora ci siano cause pendenti, i legali devono allegare, al verbale di udienza, la sentenza della Corte di Lussemburgo.
Tecnicamente, il compito degli avvocati sarà quello di chiedere ai giudici la disapplicazione delle norme italiane che contrastano con la Direttiva Ue, in modo da ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro. Da contratto a termine a tempo indeterminato.
La Di Patre precisa il perimetro contrattuale entro il quale si può presentare il ricorso. E dice: “A dispetto delle stabilizzazioni annunciate da Renzi, hanno diritto al posto fisso non solo gli insegnanti inseriti nelle graduatorie a esaurimento, ma anche i docenti che si sono abilitati coi Tfa (Tirocinio formativo attivo) e coi Pas (Percorsi speciali)”. La vicecoordinatrice appunta: “Il presidente del Consiglio, peraltro, ha chiamato Buona scuola la sua riforma, come se noi rappresentassimo la cattiva istruzione”.
Va detto che in Italia, nel frattempo, il dl 368 è stato aggiornato col decreto Poletti. È il numero 78 del 16 maggio 2014, col quale è stato fissato un tetto massimo di precari, pari al 20 per cento della pianta organica. Cioè vuol dire che i contratti a tempo determinato non dovrebbero superare quota 165.800, visti gli 829mila insegnanti che si contano nella scuola italiana, tra i 728mila prof indicati nell’organico di fatto e i 101mila docenti di sostegno (dati 2013 del ministero per la Pubblica istruzione). Ma l’Italia sfora in ogni caso, dal momento che i precari da assumere sono 250mila.
Al Gilda stanno già organizzando i Centri legali. “Coi nostri avvocati territoriali – continua la Di Patre – abbiamo lavorato moltissimo in questi anni, ma adesso prevediamo un’impennata delle richieste. Anche perché noi, a differenza di altri sindacati che con le cause si sono fatti ricchi, garantiamo assistenza gratuita. Oggi è davvero un giorno di festa per noi. L’Italia è un Paese senza giustizia. Ma con la sentenza della Corte europea viene finalmente imposto il rispetto delle regole”.
Alessandra Carta
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