L’istruzione pubblica in Sardegna: 1.539 scuole, 217.925 studenti e 24.812 docenti di ruolo (compresi i 2.915 di sostegno). Si aggiunga l’esercito degli insegnanti precari: sono oltre 4mila. Oggi si torna in classe: da qui al 10 giugno, al netto delle vacanze, saranno 205 giorni di lezione. Ma i sindacati denunciano: “Dal 1999 l’Isola ha perso ottomila cattedre, nel totale disinteresse della classe politica». Ad andare giù durissima è Maria Domenica Di Patre, la nuorese vicecoordinatrice nazionale della Gilda, la sigla autonoma che in Barbagia supera pure la Flc Cgil.
IL NODO TUTTO SARDO. Scioperi, assemblee e manifestazioni. Ormai nella scuola è solo questa la cifra dei sindacati. Non fosse altro che «falcidiare le buste paga – osserva la Di Patre – equivale a colpire il diritto allo studio». Questione di criteri nazionali, di parametri fissi, «applicati dalla Sicilia alla Lombardia senza tener conto delle specificità geografiche». Tanto che «in Sardegna a pagare di più, in termini di servizi tagliati, sono i piccoli Comuni, dove le scuole continuano a chiudere».
CONTRO LA POLITICA. L’affondo alla Regione è servito. «Perché ormai i sindacati vengono sistematicamente esclusi dal tavolo della concertazione». Il riferimento è al Piano di dimensionamento, ovvero il documento attraverso il quale ogni anno vengono programmate le classi. Vuol dire anche e soprattutto istituti accorpati e soppressi. La Di Patre non ne fa mistero: «I tagli non vengono decisi nell’interesse degli alunni e della didattica, ma sono diventati quasi un fatto privato tra partiti, dove ognuno tira l’acqua al proprio mulino cercando di non scontentare le amministrazioni amiche. In Sardegna la gestione della Pubblica istruzione va sempre peggio, tra destra e sinistra non c’è più alcuna differenza»-
GLI ORGANICI. Per certificare il sistema in crisi bastano i numeri delle immissione in ruolo. Li dà Peppino Loddo, segretario regionale della Flc Cgil. «Nel 2011/2012 – spiega – le cattedre assegnate a tempo indeterminato 848, poi si è scesi alle 546 dello scorso anno per arrivare alle attuali 301». Eppure «i posti liberi e vacanti sono 541. Significa – continua Loddo – che in Sardegna viene coperto appena il 55 per cento del fabbisogno. E col sostegno si scende ancora, visto che quest’anno le immissioni in ruolo sono state 51 a fronte delle 99 disponibili».
LA CONTESTAZIONE. Dalla Flc Cgil smontano pure la teoria che ministri e assessori ripetono da anni. «È truffaldino – sottolinea il segretario – imputare il taglio di cattedre e classi al calo demografico che pure c’è, ma solo in ridottissima parte. Quello che sta facendo la politica, in nome di un risparmio ancora tutto da misurare, è tagliare l’offerta formativa. Come per esempio il tempo pieno e prolungato nella scuola primaria. Non è vero che non c’è bisogno di docenti: una scuola migliore è fatta da classi di venticinque alunni, non di trenta. E in presenza di disabili si deve scendere a venti».
EFFETTI DELLE RIFORME. È ancora la Di Patre a puntare il mirino «sull’inconsistenza delle scelte politiche». Il riferimento è agli istituti comprensivi che da qualche anno fa «sono diventati l’ossessione dei ministri. L’obiettivo dichiarato – spiega la sindacalista – era creare continuità didattica dagli asili fino alle medie, ma di fatto le scuole sono state accorpate solo per ridurre il personale, soprattutto gli amministrativi e gli Ata (gli ex bidelli)». La numero due della Gilda solleva un caso, tutto isolano. «In Sardegna – dice – ci sono addirittura quattro istituti globali, cioè quelli che includono sotto la stessa direzione didattica anche le superiori. E guarda a casa sono concentrati nei piccoli Comuni, soprattutto del Nuorese. Precisamente a Fonni, Seui e Perdas. Il quarto è invece nella provincia di Sassari».
DATI DETTAGLIATI. Sono sempre targate Gilda le altre cifre sull’istruzione pubblica regionale. I 217.925 studenti che oggi tornano tra i banchi sono così divisi: 29.917 frequentano le 505 scuole per l’infanzia, lì dove insegnano 2.943 maestri (compresi i 297 di sostegno), pari a 1.336 classi. Nelle 513 elementari studiano 66.363 bambini, distribuiti in 3.584 classi per 7.512 insegnanti (inclusi i 998 del sostegno). Ancora: i docenti delle medie sono 5.875 (contando gli 824 del sostegno), mentre gli alunni raggiungono quota 45.316 per 2.266 classi. Alle superiori, invece, gli studenti sono 75.829 divisi in 3.661 classi per 8.185 docenti (compresi i 796 del sostegno). Infine: le 1.539 scuole sarde sono accorpate in 314 istituti. «Di cui 25 fanno il paio con le direzioni didattiche (asili ed elementari), le medie sono 12, gli istituti comprensivi 163 e le superiori 144», chiude la Di Patre.
I FINANZIAMENTI. La finestra sulle scuole private la apre Loddo. Perché «la Regione continua a ridurre gli investimenti sull’istruzione, però per gli asili privati gestiti dalle suore si trovano ogni anno venti milioni di euro. Io mi chiedo – appunta il sindacalista – in base a quale logica vengano assegnati tanti denari alle scuole religiose per l’infanzia. Vero che la loro capillare diffusione sopperisce all’assenza di strutture pubbliche in alcuni centri dell’Isola, ma allora quei soldi vengano spesi per aprire istituti comunali dove non ci sono».
L’APPELLO. Insomma, un nuovo anno è cominciato, ma sempre sotto lo stesso segno. «Siamo davanti – ribadiscono Loddo e la Di Patre – a una situazione drammatica. Bisogna recuperare il bandolo della matassa prima che sia troppo tardi: non si possono usare i soldi della scuola per finanziare l’acquisto degli F35, uno Stato che non investe sulla scuola è destinato a soccombere».
Alessandra Carta