Restauro tecnologico per il retablo del ‘400 distrutto e ‘riscoperto’ a Erula

Nell’agosto del 2011 Salvatore Denau, dell’ufficio Beni culturali della Diocesi di Tempio-Ampurias, recatosi nella chiesa di Santa Vittoria di Su Sassu, nelle campagne di Erula per fotografare per un censimento la statuetta sull’altare, si rese conto che il panchetto sui cui poggiava Santa Vittoria aveva qualcosa di strano. A sette anni di distanza e dopo un restauro con metodi all’avanguardia, strumenti sofisticati e abbondante ricorso alla tecnologia, senza prelievo di campioni, quei legni assemblati con abbondante uso di chiodi sono tornati ad essere i preziosi frammenti di un retablo del 1400. A riportare alla luce il prezioso reperto storico-artistico è stata la restauratrice Elena Costin, supportata dall’equipe di esperti che opera nel Centro del restauro istituito a Sassari dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro. Oggi, con la firma della “bolla di accompagnamento”, l’opera è stata riconsegnata alla diocesi di Tempio-Ampurias. A prenderla in carico da Alba Canu, coordinatrice del progetto di restauro, e da Gabriella Gasperetti, che coordina la Soprintendenza in attesa che il ministero riempia la casella dirigenziale oggi vacante, è don Francesco Tamponi, responsabile dell’ufficio per i Beni culturali della diocesi gallurese. Presto nel Dipartimento di Analisi delle materie dell’Università di Cagliari il professor Francesco Delogu avvierà le indagini destinate a confermare l’ipotesi che il retablo sia opera del Maestro di Castelsardo. Non è l’unico dubbio che aleggia su questo straordinario ritrovamento, la cui unicità è data anche dal fatto che quest’opera in così tanto tempo non ha mai subito alcun restauro. L’effigie di Santa Lucia, l’elemento ligneo più grande tra quelli recuperati, si sospetta possa essere la parte mancante di un’altra opera, frutto di un ritrovamento passato. Don Tamponi svelerà il mistero solo domenica prossima in una conferenza convocata nella Biblioteca dell’Università di Sassari, in piazza Fiume, alle 10. Frattanto proseguono gli studi per capire il periodo in cui il retablo è stato distrutto, sino a trasformarlo in materiale buono per la realizzazione di un panchetto. Le ipotesi sono due. “La proditoria distruzione potrebbe risalire al 1580, quando sulla spinta del Concilio di Trento si procedette a un’imponente opera di sostituzione degli apparati iconografici in tutta la diocesi – spiega don Tamponi – o alla fine del 1700, periodo al quale risale la concessione vescovile per la realizzazione dell’altare per Santa Vittoria”. (ANSA).

 

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