Quirra, denuncia-shock: “Dietro tumori e feti deformi 300 tonnellate di veleni”

“Ogni settimana arrivavano lunghe colonne di camion. Dopo aver attraversato il paese puntavano verso il Poligono di Quirra, dove i militari avevano già scavato buche mastodontiche imbottite di esplosivo. Ci buttavano dentro il carico dei convogli e lo facevano saltare in aria. Si trattava di armi e munizionamento fino ad allora custodito nei bunker di tutta Italia. E per anni a Escalaplano, il cielo ha portato pioggia e polveri sottili. Trecento tonnellate, secondo il nostro consulente Giovanni Battista De Giudici, dell’Università di Cagliari, finite sul paese e sulle campagne circostanti fino ad insinuarsi nelle sorgenti. Le stesse che alimentano l’acquedotto”. Mette i brividi ascoltare la testimonianza che Giuseppe Carboni, l’avvocato che assiste il Comune di Escalaplano nel processo sui veleni di Quirra, ha reso il 22 febbraio a Roma di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. Ne vien fuori un quadro cupo – coi militari impegnati in una sistematica “opera di occultamento” – e insieme drammatico. “Quando il procuratore Fiordalisi ha fatto visita ad una ragazza con gravi malformazioni – ha raccontato Carboni – si è messo a piangere”.

Il patto di omertà e quelle minacce per nulla velate

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Il procuratore Domenico Fiordalisi

“Quando i militari facevano queste operazioni – ha detto Carboni – non si adottava alcuna misura di contenimento dei danni. Si pensava più ad occultare queste attività. C’era una continua negazione del fatto che si facessero queste cose. Il brillamento di queste armi è stato, per decenni, accuratamente nascosto. Lo conferma anche un’intercettazione ambientale disposta dal procuratore Domenico Fiordalisi (il pm del processo sui veleni di Quirra, ndr) raccolta il 3 marzo 2011. È emerso che non solo erano in corso queste attività, ma alle persone che vi partecipavano veniva chiesto un giuramento di omertà assoluta, anche con la minaccia di licenziamenti”. Ma, come si vedrà più avanti, si arrivò perfino a mettere in guardia chi sapeva sui rischi per la propria incolumità. “Perfino alcuni generali interrogati da Fiordalisi – ha detto Carboni – hanno negato queste attività”. A smentirli, poche settimane fa durante un’udienza del processo, l’ex maresciallo Francesco Palombo, in servizio a Quirra dal 1999 al 2000 come ruspista. “Le buche che scavavo erano profonde 20 metri e larghe 40 – ha dichiarato il militare -. Qui venivano fatti brillare bombe e proiettili, in prevalenza residuati della seconda guerra mondiale. I fumi e le polveri si alzavano per oltre 40 metri e a seconda dei venti venivano trasportati nei paesi adiacenti”. Non solo: ad aggravare la situazione hanno concorso anche le sperimentazioni delle aziende private che a Quirra, dietro il pagamento di un lauto affitto – 50mila euro l’ora, ma il dato risale al 2003 – hanno condotto vari test. “Come il Csm, il Centro sviluppo materiali di Roma, che sperimenta la resistenza alle esplosioni degli oleodotti – ha raccontato Carboni -. Ebbene, quando facevano saltare in aria i tubi, con delle esplosioni enormi, riportavano a galla anche i materiali inquinanti”.

I residui delle esplosioni “raccolti e seppelliti nel poligono. Dove pascolano gli animali”

L’intercettazione citata da Carboni ha come protagonista Mauro Artizzu, ex militare di leva originario di Nuoro che ha prestato servizio a Quirra nel 1997 e tempo dopo si è ammalato di tumore. Secondo le registrazioni, ampiamente riportate dal giornalista Riccardo Bocca su L’Espresso, i brillamenti provocavano esplosioni enormi e nonostante questo rimanevano dei residui poi fatti esplodere nuovamente o sotterrati. “L’area circostante veniva ricoperta da una coltre bianca, simile alla neve. Come se fosse gommapiuma, però era pesante – raccontava Artizzu, intercettato, ad un amico -. I militari la raccoglievano, la mettevano nei fusti che poi venivano sotterrati nel poligono, proprio dove i pastori portavano gli animali a pascolare. Le mucche mangiavano l’erba, poi morivano”. E poi c’era il vento. “Se spirava verso Jerzu, tutta quella roba andava lì, altrimenti verso Villaputzu. E quando pioveva – aggiungeva Artizzu – tutto era assorbito dalle falde acquifere”. In un’informativa trasmessa a Fiordalisi dagli uomini della Mobile di Nuoro, viene detto a chiare lettere che i superiori di Artizzu “lo costringevano a rispettare il segreto su tale attività. In caso contrario – riporta Mariangela Maturi nel libro ‘Silenzio di piombo’ – avrebbe potuto avere delle pesanti ritorsioni che avrebbero messo a rischio la sua incolumità personale”. 

Gli aborti, i bambini senza arti e i il 65% dei pastori morti di tumore

Le polveri sottili che hanno ammantato Escalaplano e le zone adiacenti al poligono – unico giudice: il vento, come scriveva in modo incisivo pochi anni fa il compianto giornalista Giorgio Pisano – hanno causato quel che oggi “è sotto gli occhi di tutti”, ha detto Carboni. “Senza arti, cieca e sorda. Così è nata una ragazza che è scomparsa pochi anni fa dopo aver vissuto per 25 anni in un lettino. Quando il procuratore Fiordalisi l’ha vista, e non mi vergogno nel riportare questo fatto, si è messo a piangere. Ma poi ci sono anche i bimbi nati senza apparato digerente o con patologie che hanno colpito l’apparato genitale. A Quirra il 65% dei pastori è morto di tumore. Ma va anche detto che non è sempre facile, soprattutto per una questione di pudore, documentare aborti e malformazioni. Intanto però stiamo documentando i casi in modo dettagliato e si arriverà all’elenco dei bimbi nati malformati. Più facile – ha aggiunto l’avvocato – avere dati sugli animali. Ad esempio, dalle ricerche è emerso che l’incidenza delle malformazioni sugli animali che pascolano all’interno del poligono è pari al 3,5%, mentre all’esterno si ferma allo 0,025. Questo è già una spia”.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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