“Andrea Ritossa (foto Facebook) non è affidabile”. Dell’ingegnere cagliaritano – 43 anni, figlio dell’ex docente universitario Paolo – parla così Viviana Stochino, la sorella dell’ex consigliere regionale Angelo considerato dalla Procura di Oristano uno dei ‘padri’ di Sindacopoli. La donna, che sempre secondo l’accusa era la prestanome del fratello per le tangenti della Sassari-Olbia, si lamenta di Ritossa in una conversazione con Salvatore Paolo Pinna, il faccendiere della presunta associazione per delinquere, secondo gli inquirenti.
L’antipatia della Stochino per Ritossa nasce dalle liti per “la ripartizione a tavolino” dei compensi relativi al porticciolo turistico di Tertenia, “un’opera la cui esecuzione non sarebbe mai stata finanziata – scrive il gip Annie Cecile Pinello -. Ma Angelo Stochino chiede alla Regione un milione e 800mila euro per la progettazione, facendo valere la propria influenza politica e i propri poteri”. Gli uffici di viale Trento, alla fine, ne stanziano un milione e 180mila euro (è il 2012).
Ritossa si aggiudica quel lavoro grazie a Pinna e in accordo con Francesco Franco Lai, l’assessore ai Lavori pubblici di Tertenia che “in qualità di pubblico ufficiale favorisce il raggruppamento temporaneo d’imprese guidato dalla Martech di Ritossa e di cui fanno parte la Essepi engineering dello stesso Pinna e la Edilogica dell’ingegnere irgolese Francesco Chessa“, si legge ancora nell’ordinanza del gip. L’accordo, che vale l’accusa di turbativa d’asta e corruzione, prevede un patto in tre punti: “Circa il 10 per cento delle somme, pari a 120mila euro, sarebbero stati destinati a professionisti e imprese locali, tra cui 5mila euro per i rilievi topografici da affidare alla ditta di Pierdino Lai; 20mila euro li avrebbe presi Angelo Stochino, mentre alla sorella Viviana era stato promesso un incarico professionale da 223mila euro”.
Per centrare l’obiettivo sarebbero state pilotate anche le nomine nella commissione aggiudicatrice, “prescelta ancora da Pinna e composta da Walter Quarto (dipendente del Provveditorato delle opere pubbliche) e Giovanni Chierroni (allora direttore del Genio civile di Nuoro)”, scrive il gip. Anche Quarto e Chierroni sono da martedì ai domiciliari, insieme a Ritossa e ad altre tredici persone (qui tutti i nomi).
L’appalto del porticciolo di Tertenia viene assegnato il 31 gennaio 2013. Nel raggruppamento temporaneo d’imprese figurano anche il geologo Salvatore Ignazio Borto (uno dei 18 del “cerchio magico” di Sindacopoli) e il collega Giuseppe Puliga. Il bando di gara era stato pubblicato il 25 novembre 2010, a firma del responsabile unico del procedimento Alessandro Ghiani. “Lo schema mediante il quale Il Comune di Tertenia ha fatto richiesta del finanziamento lo ha predisposto Ritossa, come da accordi con Pinna”, si legge nell’ordinanza.
Alla fine, dopo molte lamentale di Ritossa che reclama di “aver speso 20mila euro in più”, la torta di Tertenia se la dividono in quattro, “tolti i 120mila per i professionisti e le imprese locali”. Lo dice al telefono Pinna a Ritossa: “A te 361mila, 226mila (agli Stochino), centocinquanta (per lo stesso Pinna con la sua Essepi) e centocinquanta (destinati a Chessa). L’ingegnere di Cagliari risponde: “Perfetto”.
Dopo il lavoro per il porticciolo di Tertenia, Ritossa viene messo nell’angolo. Sempre al telefono ne parlano la Stochino e Pinna. Comincia lei, che dice: “Ritossa è un po’ una rottura”. Il presunto faccendiere di Sindacopoli chiosa: “Mi sono rotto i coglioni di dividere i soldi con lui, è fuori dal progetto di Tortolì”, dove la consorteria, sempre tramite Angelo Stochino, aveva ottenuto un altro finanziamento per progettare ugualmente un porticciolo turistico.
Ritossa è escluso dal giro perché “Pinna e Chessa lamentano che avesse tenuto un identico comportamento a Dorgali, dove effettivamente i due insieme a Borto e alla Martech si erano aggiudicati anche l’appalto per la riqualificazione delle bocche a mare nella Marina”. Il riferimento di Chessa è per le spese conteggiate. Pinna dice infatti: “Ha riportato fuori quella tabella dei 136mila euro, ma di che cazzo stiamo parlando, gli ho detto”. Chessa racconta infine di un incontro in cui “c’era anche il padre (di Ritossa, cioè Paolo), il padre che ha capito la mala parata, si è alzato e se n’è andato”.
Alessandra Carta
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