Processo Quirra, “i fumi delle bombe trasportati dal vento nei paesi vicini”

È entrato nel vivo, con la deposizione dei primi testi del Pm, il processo sui ‘veleni’ del poligono militare di Quirra a Perdasdefogu. Nell’udienza che si è svolta oggi in Tribunale a Lanusei, il giudice monocratico Nicole Serra ha sentito due militari in pensione che hanno lavorato nella base di Perdasdefogu. “Il mio compito era quello di fare buche profonde 20 metri e larghe 40 – ha spiegato l’ex maresciallo Francesco Palombo, in servizio a Quirra dal 1999 al 2000 come ruspista – qui venivano fatti brillare bombe e proiettili, prevalentemente residuati della seconda guerra mondiale. I fumi e le polveri si alzavano per oltre 40 metri e a seconda dei venti venivano trasportati nei paesi adiacenti. Il bestiame stava all’interno del poligono e fuori dalla zona brillamenti di circa due e tre ettari, dove si abbeverano nelle pozzanghere vicine”. Dopo di lui è stato sentito un ex capitano dei carabinieri.

Testimonianze contestate dai quattro avvocati dello Stato che difendono gli otto imputati: i comandanti che hanno guidato il poligono dal 2004 al 2010, Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni e Carlo Landi e Paolo Ricci, e i comandanti del distaccamento dell’Aeronautica di Capo San Lorenzo, Gianfranco Fois e Francesco Fulvio Ragazzon, tutti accusati di omissione aggravata di cautele contro infortuni e disastri perché non avrebbero interdetto al pubblico le zone militari. Il collegio dei difensori – Leonardo Filippi, Francesco Caput, Andrea Chelo e Pierfrancesco Caput – ha chiesto al giudice di non tenere conto delle due testimonianze. ”

Entrambi i militari sentiti – hanno spiegato in aula – sono andati in pensione molto prima del periodo contestato nei capi imputazione. I due testi hanno cessato la loro attività uno nel 1992 e l’altro nel 2000. Che rilevanza possono avere ai fini processuali?”. Il giudice si è riservato di decidere sulla validità delle due testimonianze nella prossima udienza fissata per l’8 marzo.

(foto Ansa/Giuseppe Ungari)

 

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