Le normali bombe utilizzate all’interno dei poligoni sono pericolose anche in seguito all’esplosione, perché rilasciano sostanze tossiche in grado di contaminare l’ambiente terrestre e marino circostante. L’osservazione suona come una banalità, ma se – come riportano fonti riservate – a sostenerlo è la Commissione parlamentare che indaga sul ciclo dei rifiuti di fronte al Ministero della Difesa, il discorso cambia.
Fino ad oggi, infatti, i militari hanno declassato gli ordigni convenzionali deflagrati a “materiale inerte” o a semplici rottami ferrosi, perché ormai privi di carica esplosiva. Questo, ad esempio, stabiliva il documento interno con cui la Difesa impartiva ai propri dipendenti le buone norme di linguaggio sulla situazione ambientale del Poligono di Quirra all’indomani dell’avvio dell’inchiesta del pm Domenico Fiordalisi, vale a dire pochi anni orsono. “Anche quando sono armati di una minima carica di esercitazione, l’esplosione dei missili avviene in volo e in mare ricadono solo frammenti metallici”: così recita il testo. Insomma, non si parli di inquinamento: sono solo materiali ferrosi, neanche degni di un’operazione di bonifica, riservata dalle stellette ai soli ordigni inesplosi. Questa la posizione espressa dal generale Fabio Molteni, ex comandante del Poligono di Quirra nel corso di un’audizione del 2005 sul caso dell’uranio impoverito. Oggi, invece, si scopre che i resti degli armamenti deflagrati sono rifiuti speciali o pericolosi.
La novità non è di poco conto: se si considera che di bombe ‘consegnate’ dalle esercitazioni militari al suolo o ai fondali marini è piena l’Isola, la nuova classificazione degli ordigni esplosi getta una luce sinistra sulle effettive condizioni ambientali delle aree poste al servizio delle esercitazioni militari. Non c’è quindi solo un problema di polveri ultrasottili immesse in atmosfera dall’esplosione degli ordigni. A Quirra, la presenza oltre soglia di inquinanti chimici nel suolo è stata messa in luce dalla relazione Arpas del 2012, ma ora si dispone di un elemento in più: quei valori possono essere causati dagli inquinanti sprigionati in seguito all’esplosione delle bombe.
Altre indiscrezioni riguardano il complicato rapporto delle stellette con i fondali marini. A Teulada e Quirra, ad esempio, è documentata un’ingente presenza di ordigni negli specchi d’acqua prospicenti i poligoni. Il punto è che d’ora in avanti non sarà più possibile abbandonare in mare le bombe. Pare, insomma, che le leggi di tutela del mare incomincino a significare qualcosa.
A proposito delle operazioni di bonifica dei fondali marini, si viene anche a sapere che in Puglia, Campania, Sicilia e Calabria è in atto dal 2012 un programma di rimozione degli ordigni abbandonati nei fondali marini. Si tratta di un piano finanziato con fondi europei, soggetto dunque ai controlli dell’Unione. Mentre in Sardegna le attività di bonifica dei fondali sono state attivate dai comandi dei poligoni. Nel caso di Quirra, gli specchi d’acqua antistanti il poligono sono stati oggetto di alcune attività di bonifica nel corso dell’ultimo anno.
Insomma, l’interesse della Commissione d’inchiesta sulla sorte post-brillamento di missili, bombe e munizioni deve aver suscitato un certo imbarazzo ai piani alti del dicastero di via XX Settembre. Le fonti rivelano anche che non esistono informazioni precise sugli ordigni utilizzati dalle industrie militari o dalle aziende private che affittano i poligoni. Non si tratta, neanche in questo caso, di un dettaglio privo di rilevanza, specie per quanto riguarda il poligono ogliastrino, dove è sempre stata forte la presenza di aziende attive nei settori dell’aerospazio e dell’oil&gas.
Sempre a proposito di Quirra, si è riflettuto sull‘utilizzo di armamenti radioattivi, riconoscendo che all’interno del poligono ogliastrino è stata rilevata la presenza di radionuclidi. Più che un rferimento all’impiego dell’uranio impoverito, la posizione suona come un riferimento ai 1200 missili Milan dotati di tracciatore al Torio fatti esplodere in Ogliastra, come messo già in evidenza dalla Commissione mista voluta proprio dalla Difesa nel 2008 per fare chiarezza sull’impatto ambientale delle attività condotte all’interno del poligono.
Piero Loi
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