In effetti l’impatto paesaggistico “è percettibile”. Ma fate così: intonacate lo spaccio aziendale e date una tinteggiata. Ma coi colori della terra: bene il borgogna, male il grigio topo. Rifinite tutto montando gli infissi (in legno) e se proprio vi vien bene, “laddove fosse possibile” piantate due alberi.
Prescrizioni del genere, il Servizio tutela paesaggistica della Regione le impone quasi tutti i giorni a chi si rivolge agli uffici di viale Trieste per ‘aggiustare’ il tiro in caso di abusi edilizi. Solo che in questo caso il destinatario si chiama Eni e l’opera abusiva è semplicemente un impianto petrolchimico. Costruito a due metri dalla battigia. Si parla dell’ex Polimeri Europa di Sarroch, venduto poi alla Sarlux (Gruppo Saras) nel dicembre del 2014. Rivelatrice la sanzione comminata all’ente di Stato: 270mila euro, anche in comode rate. È tutto nero su bianco in un documento riservato in possesso di Sardinia Post (guarda).
Il mastodonte costruito sul mare
In pillole, giusto per farsi un’idea di quanto sia esteso l’impianto, basta ricordare solo alcune strutture per cui è stata chiesta la sanatoria: 47 serbatoi da migliaia di litri per lo stoccaggio di sostanze come etilene e benzene, centinaia e centinaia di metri di condotte, una centrale termoelettrica e perfino un sottopasso che taglia la statale 195. Con un piccolissimo problema: nessuna licenza edilizia – come fatto presente a suo tempo dal Comune di Sarroch – e nessun nullaosta paesaggistico. Tutto abusivo, appunto. Questo non ha impedito all’Eni (a cui abbiamo chiesto un commento, senza riscontro) di incassare il via libera del Servizio tutela paesaggistica, nonostante il mancato coinvolgimento della Sovrintendenza ai beni paesaggistici – il cui parere è vincolante – e in contrasto con diverse sentenze del Consiglio di Stato.
Una pratica vecchia di trent’anni, un condono concesso a tempo di record
Quando nel dicembre del 2014 l’Eni decide di vendere il mega impianto di Sarroch alla Sarlux, si scontra subito con un piccolo inghippo: sullo stabilimento pesa una richiesta di condono edilizio presentata appena trent’anni prima e la pratica è ancora aperta (qui tutta la storia). Semplicemente, il Comune di Sarroch non ha chiesto conto all’Eni e il Cane a sei zampe non ha mai chiesto conto al Comune. Dal 1985 ad oggi, tutto è andato avanti come se nulla fosse ma con le trattative per la vendita il problema è tornato prepotentemente a galla: nessun notaio potrà ufficializzare il passaggio di consegne alla Saras se prima non viene definita l’istruttoria di condono. E nel frattempo, dal 2004, occorre appunto anche il parere del Servizio tutela paesaggistica. A quel punto – siamo nel dicembre del 2014 – un problema vecchio di trent’anni si risolve senza colpo ferire nel giro di qualche settimana: il 16 dicembre l’Eni chiede il nullaosta al Servizio tutela paesaggistica e appena 48 ore dopo incassa il certificato di “futura sanabilità” dal Comune di Sarroch. Sette giorni dopo l’accordo con Saras è chiuso e viene annunciata l’acquisizione degli impianti. Vale a dire sei mesi prima del nullaosta paesaggistico della Regione, che arriva il 27 maggio 2015 insieme con la sanzione di 270mila euro.
Quanto costa sanare un petrolchimico in Sardegna
Sulle prime, l’entità della sanzione potrebbe sembrare importante. Ma non lo è affatto se si esamina la lista delle opere per cui Eni chiede il nullaosta paesaggistico: in sostanza, pressoché l’intero impianto. Sintetizzando dai documenti ufficiali, compaiono tra le altre cose: la costruzione di uffici tecnici, officine, magazzini e manutenzione strumenti; il cambio di destinazione d’uso del “fabbricato ex frati cappuccini (uffici)” e del “fabbricato ex carmelitani (centro di addestramento, cancelleria e spaccio)”; la costruzione di una centrale termoelettrica. E ancora, come accennato poco sopra: “N. 47 serbatoi; sottopasso SS 195 al km. 18,4; torcia N. Paraffine; torri di raffreddamento; pipe rack e pipe way; modifiche impianto reforming; ampliamento cabine elettriche; sala pompe; Formex-Btx; bunker bombole laboratorio chimico; modifiche impianto policondensazione; serbatoio sferico S 341”. Omettiamo il resto delle opere, ma la lista è ancora lunga (guarda qui). Sarebbe poi curioso sapere quanto ha incassato (e soprattutto se ha incassato) il Comune di Sarroch per l’oblazione dovuta sul versante urbanistico. Anche in questo caso siamo in attesi di riscontri.
Il Servizio tutela della Regione: “L’impianto non ha pregiudicato il paesaggio”
“Riteniamo che gli interventi nel loro complesso non abbiano arrecato pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati dal vincolo”. Così gli uffici regionali preposti alla tutela del paesaggio giustificano il nullaosta. Spiegando poi che le opere “non hanno alterato negativamente le caratteristiche paesaggistiche dei luoghi circostanti, poiché realizzate e incidenti in un’area destinata ad attività industriali e da queste già compromessa sin dagli anni ’60-’70”. Una tesi in totale contrasto con il Consiglio di Stato, che in buona sostanza ha affermato più e più volte un principio generale molto semplice: il fatto che l’area vincolata sia degradata non può giustificare la sua ulteriore distruzione.
Sovrintendenza non ti conosco. E negli uffici della Regione si aggira uno spettro…
Quel che lascia perplessi su tutto l’iter che porta al nullaosta, è il mancato coinvolgimento della Sovrintendenza ai beni paesaggistici, posto che l’impianto sorge letteralmente a mezzo metro dal mare e sull’intera area, dal 1985 grava appunto un vincolo paesaggistico. “Ma non dovevamo mandare niente alla Sovrintendenza – sostiene il responsabile del procedimento per l’Ufficio tutela, Antonio Vanali -. Lo ha stabilito una circolare ad hoc emanata oltre dieci anni fa per dirci come andava gestito l’iter e questa non contemplava il passaggio alla Sovrintendenza, quindi non l’abbiamo coinvolta”.
Pablo Sole
sole@sardiniapost.it
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