L’anno scolastico è quasi finito ma a Nuoro, nell’Istituto comprensivo n. 2, la guerra per le scarpe antinfortunistiche è ancora in corso. A suon di carte bollate, visite mediche, accessi agli atti: una vicenda paradossale che dura da più di sei mesi e di cui non si vede la soluzione.
Su un fronte combattono tre storiche collaboratrici scolastiche: una vita in servizio tra corridoi e banchi. Sono rispettivamente la signora Sebastiana Pisano, di 60 anni, Battistina Zoppi, 59 anni, e Giannetta Porcu di 66, prossima alla pensione, questione di mesi. Sull’altro fronte c’è l’amministrazione scolastica e la dirigente Maria Antonietta Corrias, affiancata da collaboratori e consulenti.
Tutto inizia, secondo la dettagliata ricostruzione dei Cobas scuola Sardegna, che assiste le lavoratrici, quando in autunno la dirigente comunica l’obbligo di indossare le scarpe antinfortunistiche secondo il piano sicurezza stilato da un geometra.
Nel testo del sindacato autonomo, diventato esposto spedito anche al ministero dell’Istruzione, si snocciolano date, norme interne e leggi nazionali. E un rimbalzo continuo in un assurdo gioco delle parti. Le tre collaboratrici vengono invitate a misurare un modello di scarpe in un negozio cittadino senza possibilità di scelta. Loro si oppongono: non sono idonee – affermano – ad un uso prolungato di sei ore, a volte anche sette e otto di fila. Troppo pesanti e troppo alte, addirittura “pericolose” per gli spostamenti. Niente da fare.
La risposta dall’amministrazione non lascia scampo: la consegna è già avvenuta, o si usano quelle scarpe o è necessario presentare un certificato medico con su scritto le ragioni e l’indicazione (eventuale) di un altro modello. Questo entro fine febbraio pena la convocazione di una commissione medica chiamata a decretare “l’idoneità alle mansioni”.
E si arriva così a marzo, quando le tre in una nota protocollata indicano un altro modello ma a ciò segue il silenzio. Fino alla convocazione di una riunione sulla sicurezza a cui vengono invitate (procedura non conforme per il sindacato), l’oggetto, ancora una volta è l’utilizzo delle scarpe in cui si ribadisce l’importante concetto dell'”antiscivolamento”. È l’occasione in cui le collaboratrici presentano addirittura una scheda tecnica dell’alternativa proposta in linea con i criteri, ma non secondo i dirigenti scolastici.
Niente da fare. E qui scatta l’escalation: senza accordo la posta in gioco diventa la “non idoneità al lavoro”. E quindi, in attesa della “visita medico collegiale” il 19 marzo arriva il demansionamento: ossia le signore Pisano, Zoppi e Porcu possono compiere solo azioni non pericolose come “spazzare, spolverare aule, anditi e scale, ma non sollevare pesi come banchi, sedie ecc”.
Nel frattempo, supportate dai Cobas, chiedono gli accessi agli atti, concessi in ritardo e in modo parziale. E addirittura ci sono delle ispezioni compiute da colleghe Ata: la verifica è puntuale, le tre non usano ancora le scarpe antinfortunistiche. E poi ancora ci sono le telefonate quotidiane delle segretarie scolastiche per accertarsi dell’avvenuta prenotazione della consulenza ortopedica. Con tanto di mistero sul ticket: chi paga? La scuola o le lavoratrici? Il 9 maggio finalmente le tre sono state visitate gratuitamente e hanno portato anche l’oggetto del contendere: quelle scarpe che si rifiutano di indossare. Ma ancora non è noto il verdetto. Mentre si aspettano le valutazioni del professionista, Nicola Giua dei Cobas Scuola Sardegna semplicemente si chiede: “Oltre allo stress psico-fisico subito dalle nostre rappresentate, quanto è costato tutto ciò all’Amministrazione Scolastica ed alla ASL di Nuoro? Certo più di tre paia di scarpe adatte alla bisogna e richieste dalle tre collaboratrici scolastiche“.