E se l’enorme sagoma della Costa Concordia tra qualche tempo svettasse nel mare del Nord Sardegna? Mentre le operazioni per “raddrizzare” il relitto sono in corso, l’assessore alla Programmazione della Provincia di Sassari Enrico Daga ha lanciato l’idea sulla sua pagina Facebook. Raccogliendo subito una serie di adesioni importanti: a partire da quella del senatore (e segretario regionale del Pd) Silvio Lai il quale si è impegnato a scrivere al presidente del Consiglio Enrico Letta per trasferirgli l’idea.
Daga ha pubblicato ieri mattina un post di poche righe: “L’operazione ‘Costa Concordia’ costerà 600 milioni di euro. Perché non candidare Porto Torres (qualora vi fossero le condizioni) per le operazioni di smaltimento? Sento che non si è ancora deciso su dove localizzare la super nave. A voglia spazio e professionalità dalle nostre parti… Potrebbe essere anche un test per capire se si può attivare nel nostro territorio un polo per lo smaltimento e il riuso delle resine e dei materiali ferrosi delle navi in pensionamento. Saremmo gli unici a farlo, credo”.
L’ipotesi è certamente suggestiva. Ma, come cautamente precisa Daga, ci sono le condizioni per realizzarla? Dal punto di vista logistico parrebbe di sì. Il bacino di Porto Torres è molto vasto, ha fondali di 15 metri ed è dotato di una diga foranea di due chilometri. La Costa Concordia, insomma, “ci starebbe”. Ma è sufficiente avere lo spazio?
Nella pagina di Daga si è aperto un fitto dibattito. Michele S. Sechi ha subito fatto notare un ostacolo di carattere normativo: “Credo che la legge sia chiara al proposito. Pare che lo smaltimento del relitto debba essere fatto nel porto attrezzato più vicino alla zona di recupero, in questo caso dovrebbe essere Piombino, al massimo Livorno o La Spezia. C’è mezzo bacino del Mediterraneo che sta guardando il relitto da un anno e mezzo con queste bramosie. Credo che non ci siano molte speranze in proposito per noi”.
In effetti il business è enorme. Lo è in generale quello della demolizione delle navi. Scrive Marco Busdraghi: “Per il mio lavoro e per passione mi sono occupato di recuperi di navi di relitti, compreso la ‘Costa Concordia’, e di tutto quello che circonda il settore. E proprio studiando il recupero e possibile demolizione della ‘Concordia’ ho appurato che nel mondo occidentale non si demoliscono più navi da molto tempo perché con le normative sulla sicurezza del lavoro e sulla salvaguardia dell’ambiente sarebbe troppo costoso. Ed è così che ormai le navi di tutto il mondo vengono demolite nelle spiagge di Alang in India, di Chittagong in Bangladesh e di Gadani in Pakistan dove praticamente non esiste nulla di comparabile alle nostre normative. Il fenomeno è chiamato Ship Breaking: basta guardare le centinaia di video su youtube e capirete”.
Busdraghi allega il link della voce Ship breaking di Wikipedia. La porta d’accesso a un mondo d’immagini che mostrano centinaia di uomini, donne e bambini che si muovono come formiche attorno a relitti di navi dismesse. Un’attività pericolosissima (per via della presenza massiccia dell’amianto, ma non è questo il caso della ‘Costa Concordia’), svolta in condizioni disumane, denunciata più volte dalle associazioni umanitarie e da Greenpeace.
Certo, l’immaginario smantellamento della ‘Costa Concordia’ a Porto Torres non avverrebbe in queste condizioni di lavoro. Ma i problemi per l’ambiente si porrebbero eccome. Lo fa notare Domenico Tanzanu: “Complicato forse il passaggio nelle Bocche e un rischio aggiuntivo per i parchi marini presenti nel percorso, utilizzerei le professionalità per smontare tutto quello che è inutilizzato nel sito industriale”. E sul tema ritorna, polemicamente, Michele S. Sechi: “Vorrei ricordare che gli ambientalisti non hanno voluto che nel polo di Ottana si realizzasse un progetto simile per lo smaltimento degli aerei. Hanno preferito salvaguardare il “Moscerino di Ottana” che i posti di lavoro per le famiglie di almeno 200 sardi. Con certa gente si può anche parlare, ma senza credere che capiscano quello che stai dicendo. Qualcuno dice “W la Gallina Prataiola Sarda”. Già! Intanto noi emigriamo nuovamente in Germania per cercare lavoro”.
Mentre il confronto andava avanti, ecco la dichiarazione (raccolta da La Nuova Sardegna) del senatore Silvio Lai: “Scriverò al premier Letta per proporre Porto Torres come centro di rottamazione e riutilizzo dei materiali provenienti dalle carrette del mare”. Il relitti delle navi per aiutare la Sardegna a evitare il definitivo naufragio economico? Chissà se l’ipotesi – è il caso di dirlo – “andrà in porto”. Di certo è una bella ed efficace metafora di questi anni di crisi.
Nicolò Businco