La tesi della Difesa secondo cui i poligoni militari preserverebbero o addirittura favorirebbero la nascita dei siti naturali protetti non è affatto nuova. La novità è che l’argomentazione trova inaspettati sostenitori: “I vincoli della Difesa hanno salvaguardato il patrimonio ambientale dalle speculazioni edilizie, penso a Teulada e Porto Pino”: queste le parole pronunciate da Bernardo De Bernardinis, presidente dell’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), lo scorso 18 aprile durante la presentazione dell’accordo in materia di tutela ambientale stipulato con l’Esercito. Gli fa eco il Sottocapo di Stato Maggiore Giovan Battista Borrini: “Il fatto che i siti comunitari nascano all’interno delle aree militari indica che non facciamo danni”. È sempre Borrini ad annunciare che la prima attività prevista dall’accordo con Ispra riguarderà Capo Teulada”. “In quello stesso poligono – aggiunge il generale – abbiamo effettuato campionamenti del suolo e tutti i valori son risultati inferiori alle soglie di contaminazione”.
I militari possono inquinare di più
Le parole del generale vanno lette alla luce della nuova normativa sui livelli degli inquinanti, a cui anche l’accordo con Ispra – cui Sardiniapost ha di recente avuto accesso – fa esplicito riferimento. Nell’agosto del 2014, infatti, il parlamento ha infatti equiparato i siti militari alle aree industriali, a zone, cioè, in cui i livelli di contaminazione delle matrici ambientali sono fino a 100 volte più elevati rispetto a quelli previsti per i siti ad uso “verde pubblico”, ambito a cui i poligoni militari venivano ricondotti in precedenza. Sui nuovi criteri di valutazione dell’impatto ambientale delle attività militari, De Bernardinis si è detto contrario durante l’audizione tenuta oggi presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito.
“Interverremo sul mare di Teulada”
“Dopo i suoli, gli interventi si concentreranno in mare”, rivela il generale. Già definito imbonificabile dalle stesse autorità militari, il mare di Teulada non è stato oggetto degli interventi del programma della Marina militare “Port and Coastal Survey” volto alla rimozione degli ordigni dai fondali marini, che invece ha riguardato Puglia, Campania, Sicilia e Calabria. Sull’inquinamento del mare causato dalle attività militari è intervenuta di recente anche la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, precisando che, oltre al Port and Coastal Survey non si è a conoscenza di ulteriori iniziative da parte della Difesa. E ricordando che non sarà più possibile recapitare in mare i materiali residuati dai tiri esercitativi militari, se non al massimo, con un tempestivo recupero. Anche qualora fossero relativi a munizionamento convenzionale, i materiali residuati contengono componenti pericolosi dal punto di vista chimico. Sull’accordo Ispra – Esercito interviene anche il senatore Roberto Cotti (M5s), individuando nel generale Borrini colui il quale ebbe a polemizzare con il presidente della Regione Francesco Pigliaru in occasione della seconda Conferenza nazionale sulle servitù militari. Mostrando le foto di Porto Zafferano, presentava i Poligoni come un esempio di tutela ambientale. Ma anche le pietre sanno che, sotto la sabbia, è pieno di ordigni bellici.
Inquinamento a Teulada: indiscrezioni e dati certi
Sull’impatto delle esercitazioni militari condotte nel Poligono di Teulada, si attendono ancora i risultati dell’inchiesta del pm della Procura di Cagliari Emanuele Secci. Negli ultimi due anni sono comunque trapelate diverse indiscrezioni. A inizio del 2014, in riferimento alla base teuladina, la Nuova Sardegna parlava di livelli di Torio superiori da dieci a venti volte i valori soglia. La presenza del Torio è accertata nei missili Milan utilizzati nell’area militare del sud Sardegna. A fine 2015, poi, la notizia – sempre riportata da La Nuova – secondo cui la perizia svolta dall’epidemiologo Annibale Biggeri nell’ambito delle indagini di Secci escluderebbe le concentrazioni di Torio e, più in generale, l’impatto delle esercitazioni sulla salute. Nel maggio del 2015, invece, si apprende da Il Fatto quotidiano che nei dintorni del Poligono di Teulada è attiva una centralina della rete “Ramon” che rileva in tempo reale i livelli di radioattività intorno alla base. Ma lo Stato nega l’accesso ai dati ai giornalisti de Il Fatto. “Sono segreti e suscettibili di pregiudicare le relazioni internazioni, l’ordine, la sicurezza e la difesa nazionale”: Questa la risposta del Ministero degli Interni.