Da un parte le spese ‘cattive’, cioè quelle non ammissibili e che varranno quasi sicuramente una condanna; dall’altra le spese ‘buone’ che dovrebbero portare invece all’assoluzione. O eviteranno il rinvio a giudizio. Il doppio elenco, in quasi tre pagine, è contenuto nelll’ordinanza con la quale Eugenio Murgioni è finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta sui fondi ai gruppi. In quei fogli, scritti dal gip Cristina Ornano, la Procura di Cagliari segna in qualche modo la strada dei futuri verdetti processuali per i quasi novanta consiglieri regionali (o ex) accusati di peculato. Con un particolare: per la quinta volta (su cinque arresti), la linea del pm Marco Cocco è accolta in pieno da un gip del tribunale. E anzi: la Ornano introduce il concetto della “responsabilità del capogruppo” che doveva “pretendere” dai colleghi “quantomeno l’esibizione dei documenti giustificativi delle spese sostenute”. Un comportamento, questo, che il giudice per le indagini preliminari estende anche agli altri consiglieri, visto che si tratta di “soldi pubblici”.
Il gip Ornano, innanzitutto, non è un giudice qualunque. Lo scorso ottobre è stata lei, in qualità di gup, a infliggere una pena di un anno e otto mesi ad Adriano Salis, al momento l’unico ex rappresentante dell’Aula che ha chiesto il rito abbreviato ed è stato considerato colpevole. Nell’ordinanza di Murgioni ci sono infatti continui rimandi alla sentenza di Salis, condannato perché i soldi dei fondi ai gruppi li prendeva come “paghetta aggiuntiva”. Ma il gip si è spinto oltre, fino a chiarire nei dettagli le spese ‘buone’, appunto, e quelle ‘cattive’. La differenza appare sostanziale: nel primo caso, si tratta di costi “obbligatoriamente collegati al gruppo di riferimento”. Nel secondo caso, si parla invece di attività ascrivibili al singolo consigliere, sebbene siano esse di natura politica.
A questo punto prende il sapore di un suicidio giudiziario il processo Salis che, per difendersi dall’accusa di peculato, aveva prodotto decine di ricevute e fatture addirittura per un importo superiore ai 62.773 euro contestati dal pm. Ma tra le pezze giustificative allegate figuravano anche spese considerate dal gup “personali”, come l’acquisto di materiale elettorale.
Ecco allora i costi non ammissibili elencati nell’ordinanza di Murgioni: “Attività politica del singolo consigliere; finalità private e personali; finanziamento, anche solo indirettamente, di partiti, formazioni e movimenti politici; propaganda o promozione elettorale del singolo consigliere o della forza politica di riferimento”. Infine: “Spese che siano già oggetto di rimborso ad altro titolo, non essendo ammissibile, già sul piano logico, una duplicazione dei rimborsi”. E qui rientra la questione della benzina per la quale i consiglieri residenti fuori Cagliari hanno già diritto a un forfait in busta paga secondo distanze chilometriche cambiate dall’Aula nella precedente legislatura. Si parla di “Extra diaria”.
Il pm Cocco, durante le udienze del processo in corso con 20 imputati (Salis era il 21mo), ha spesso parlato di “necessaria attinenza” tra spese sostenute e la finalità politico istituzionale dei fondi ai gruppi. Quel concetto lo ha ripreso il gip Ornano nella lista dedicata alle spese che non configurano il peculato. Si legge: “Promozione e divulgazione dell’attività politica del gruppo su temi di interesse generale o di rilievo regionale, sia all’interno dell’assemblea che all’esterno, attraverso la convegnistica, le pubblicazioni e gli uffici stampa”. Ancora: “Spese per attività di studio, ricerca e aggiornamenti, purché riferibili al gruppo”. Poi: “Spese di consulenza su problematiche o tematiche di interesse del gruppo consiliare”. È scritto ancora: “Spese per viaggi e missioni, purché compiute esclusivamente per conto e nell’interesse del gruppo consiliare”. Infine: “Spese di rappresentanza, anche queste ovviamente se riferibili al gruppo consiliare”.
Nell’ordinanza su Murgioni si parla pure di un secondo aspetto sul quale si stanno concentrando le linee difensive. Ovvero il fatto che il Regolamento dell’Aula prevedesse sì la rendicontazione, introdotta il 5 ottobre del ’93, ma non l’obbligo di allegare le pezze giustificative. La Ornano ha scritto: “Pur nella riservata materia di auto-organizzazione del Consiglio, in presenza di una notizia di reato il pubblico ministero ha il potere e il dovere di svolgere i necessari accertamenti. E quella del gruppo di Fortza Paris” presentava gravi anomalie già a un primissimo esame della documentazione contabile, ciò che palesava una gestione per nulla trasparente del pubblico denaro”. Di qui la necessità di avviare le indagini, “altrimenti si riconoscerebbe ai consiglieri regionali un’area di immunità estesa anche a eventuali illecite appropriazioni di pubblico denaro”.
Alessandra Carta
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