Un lungo applauso e il grido di “Libertà” e “Indipendentzia” con le bandiere dei quattro Mori, di Malu Entu e anche quelle col Leone di San Marco della Serenissima che garrivano al vento per l’ultimo saluto a Doddore Meloni, l’indipendentista sardo morto il 5 luglio in stato di detenzione al’Ospedale Santissima Trinità di Cagliari dopo 67 giorni di sciopero della fame e 35 della sete. I funerali si sono svolti questo pomeriggio a Terralba (Oristano), dove viveva con la famiglia, nella Cattedrale di San Pietro gremita di gente arrivata un po’ da tutta la Sardegna.
Doddore aveva espresso il desiderio di essere seppellito con il costume tradizionale di Ittiri, il paese in provincia di Sassari dove era nato 74 anni fa e che aveva lasciato da giovanissimo per trasferirsi a Terralba. In costume sardo, dietro la bara, anche la moglie Giovanna che stringeva al petto la fotografia di Doddore e le figlie, e dietro ancora il popolo di militanti della Repubblica indipendente di Malu Entu proclamata da Meloni nel 2008 – dopo l’occupazione dell’isola di Mal di Ventre – e decine e decine di indipendentisti con le loro bandiere.
Tra i politici presenti, anche l’esponente della Lega Nord, Mauro Borghezio, che si era interessato del caso di Meloni e che ha annunciato che continuerà ad interessarsi per chiarire le cause della sua morte. “Doddore è libero e lotta insieme a noi”, hanno urlato amici e parenti sul sagrato della Chiesa al termine della funzione religiosa officiata da un sacerdote di Burcei, don Gianfranco Zuncheddu, che ha pronunciato l’omelia in sardo, esaudendo così un desiderio espresso in più occasioni dallo stesso Meloni.
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