Don Alessandro Loi ha scelto il silenzio. Da alcuni giorni ha cancellato i profili Facebook dai quali aveva lanciato le sue considerazioni xenofobe a proposito della nomina a ministro di Cécile Kienge. E ieri, nella prima messa dopo la bufera mediatica che ha reso tristemente famosa la parrocchia di Lotzorai in Italia e nel mondo, non ha fatto alcun cenno alle polemiche. Però alla fine una cosa l’ha detta: che domenica prossima tornerà a celebrare la messa rivolto verso i fedeli.
La celebra di spalle dallo scorso novembre. Anche di quel cambiamento all’epoca si occuparono i giornali, anche se soltanto quelli locali. Perché in fondo non era una grandissima novità. Era l’adeguarsi tardivo a ua moda in voga tra i preti tradizionalisti. Un ritorno alle modalità di celebrazione che erano in vigore prima del Concilio Vaticano Secondo. Le cronache di questi ultimi anni sono piene di sacerdoti tradizionalisti che tornano all’antico. Chi celebra spalle ai fedeli, chi in latino, chi fa entrambe le cose.
Ma, stando a quanto si è visto ieri nella chiesa di Sant’Elena, don Alessandro Loi – quando si volterà verso i fedeli – rischierà di avere un’amara sorpresa: la chiesa era semivuota. C’erano solo una quindicina di adulti e i bambini prossimi alla prima comunione. La maggior parte dei fedeli ha disertato la messa, o è andato a seguirla altrove. Le uscite di don Loi non sono piaciute. E le sue giustificazioni tardive (“Non sono razzista, però…”) non hanno convinto.
Certamente non sono piaciute al vescovo dell’Ogliastra monsignor Antioco Piseddu che sull’operato di don Loi ha avviato un’inchiesta. La decisione di tornare a celebrare la messa rivolto ai fedeli (anche se con lo spostamento del tabernacolo in modo da non averlo nuovamente alle spalle) è con tutta probabilità uno degli effetti dell’intervento della curia e del forte richiamo che è stato rivolto al sacerdote ad abbassare i toni. La preoccupazione che certe uscite avrebbero svuotato la chiesa era fondata.