Fabio Savi, uno dei capi della banda della “Uno Bianca” da circa un anno è detenuto in una cella del carcere di Uta. È in carcere dal 1994 perché sta scontando l’ergastolo per i delitti del gruppo criminale guidato da lui e dal fratello Roberto, che tra gli anni Ottanta e Novanta uccise 24 persone e ne ferì cento. Da circa cinque giorni ha iniziato lo sciopero della fame. Da quanto si è appreso da diverso tempo ha fatto domanda per lasciare il penitenziario cagliaritano e contemporaneamente chiede di avere un computer per scrivere libri e un lavoro all’interno del carcere, richieste queste solo in parte esaudite. Proprio per questa ragione ha iniziato la protesta. “Mi dispiace per lui, non c’è niente che mi faccia pena”. È il commento di Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione che raccoglie i familiari delle vittime della banda della Uno Bianca, allo sciopero della fame. “Fabio – prosegue Zecchi – era presente a quasi tutti gli assalti, ha un bel coraggio a chiedere di ‘fare’. Lui ha dato la possibilità agli altri di ‘fare’? Come può pretendere delle cose quando ha fatto tanto male, quando ha tolto la vita a tante persone? Non riesco proprio a capire come faccia”.
(Foto Ansa)