“Nel tornare indietro posso ben affermare di aver trascorso una vita nella quale ho conosciuto un po’ di tutto. Momenti felici e momenti molto tristi, momenti di soddisfazione e momenti di delusione. Ho conosciuto la vera amicizia e, nel contempo, la falsa amicizia. Ho visto in faccia la morte e sono stato fortunato nello scamparla. Durante la Resistenza ho ucciso per non essere ucciso”.
Antonio Garau noto Nino, cagliaritano, classe 1923, ex partigiano con il nome di battaglia di Geppe e medaglia al valor militare per le sue imprese nella Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ha custodito per oltre sessant’anni le sue memorie di guerra: i combattimenti, i mitra e le bombe a mano, la prigionia e le torture, la Resistenza e infine gli anni difficili del ritorno a casa, quando i partigiani erano guardati con grande diffidenza.
Questa storia è oggi raccontata in tutti i suoi dettagli nell’articolo “Nino Garau. Un comandante partigiano sardo nel Modenese”, uno dei saggi che compongono il recentissimo volume ‘La Sardegna e la guerra di Liberazione. Studi di storia militare, a cura di Daniele Sanna per Franco Angeli editore, che sarà presentato in anteprima a Oristano (alle 17, nella sala consiliare del Municipio) proprio oggi, in occasione della Festa della Liberazione. Sarà presente, oltre al sindaco di Oristano, anche Garau. Che, la mattina, sarà a Cagliari per partecipare al corteo organizzato dal Comitato 25 Aprile.
Tra gli altri contributi preziosi contenuti nel volume, prodotto dall’Istituto per la per la storia dell’Antifascismo e della Società contemporanea, l’articolo di Daniele Sanna e Giuseppe Sassu sul comando militare della Sardegna, quello di Francesco Ledda sui movimenti dei Tedeschi dopo l’8 settembre, quello dei martiri sardi di Sutri firmato da Giuseppe Manias e Daniele Sanna e infine, ancora di Sanna, le brigate intitolate ad Antonio Gramsci nella resistenza.
Aveva solo vent’anni Nino Garau quando, in seguito all’armistizio dell‘8 settembre 1943, si trovò a Forlì tra i militari abbandonati dai superiori sul fronte di guerra, come racconta l’autore dello studio Walter Falgio che ha preso in esame documenti d’archivio, cronache giornalistiche, testimonianze e le stesse memorie, per ora ancora inedite, di Garau. Nonostante la giovanissima età, il soldato cagliaritano in quei momenti non ebbe dubbi su dove stare: tra le fila dei repubblichini che aderivano a Salò, i soldati costretti a vivere nascosti per non finire prigionieri dei tedeschi o i partigiani scelse questi ultimi. Raggiunta la pianura modenese prese contatti con gli antifascisti locali con cui costituì la Brigata Casalgrandi di Spilamberto, a 17 chilometri da Modena, e nel giro di poco tempo ne divenne il comandante.
Qui, racconta Garau, ebbe modo di conoscere un’umanità diversa da quella che aveva fino a quel momento incontrato: operai, contadini, braccianti, persone umili e maltrattate dallo stato fascista. Questo mondo animava il movimento di resistenza civile modenese che contava circa 400 combattenti e una forte rete di supporto dalla popolazione: padri di famiglia, anziani, imprenditori, tante donne. “Anche i cani facevano la loro parte: poiché con il loro latrati durante la notte avrebbero potuto segnalare la direzione del nostro cammino – sottolinea Garau – invitavamo pertanto tutti i proprietari dei cascinali a tenerli dentro casa durante il nostro passaggio”.
Tra le esperienze più drammatiche vissute dal partigiano cagliaritano, la prigionia tedescaa: venne arrestato insieme ad altri della sua compagnia, incarcerato e picchiato. Terribili le torture: cerini incendiati sotto le unghie, acqua sporca fatta ingerire a forza, ferro da stiro incandescente sulle piante dei piedi. Nonostante il supplizio non rivelò i nomi degli altri compagni ancora liberi e riuscì poi a evadere grazie a un altro sardo, Spartaco Demuro, riprendendo la lotta con la Brigata Casalgrandi. Tra le azioni da lui guidate, assalti alle truppe nazifasciste, razzie tra le fila nemiche per recuperare armi e cibo, e la grande offensiva per la cacciare gli occupanti tedeschi da Spilamberto: la cittadina venne liberata il 23 aprile di 73 anni fa, due giorni prima dell’insurrezione generale proclamata dal Comitato di liberazione nazionale. Il resto della storia si svolge a Cagliari, dove Nino Garau torna alla fine della guerra: dopo la laurea in giurisprudenza, entra a lavorare in Consiglio regionale dove diventerà segretario generale, ci resterà fino alla pensione, nel 1976.
È stato solo pochi anni fa che il partigiano Geppe ha deciso di raccontare la sua storia: nel 2005 ha iniziato a incontrare gli studenti delle scuole per parlare della Liberazione, e nel 2007 ha rilasciato una lunga intervista per il film ‘Geppe e gli altri, storia di vita di un comandante partigiano sardo’ prodotto nel 2012 dall’Issra e realizzato da Francesco Bachis, Giuseppe Caboni, Francesco Capuzzi, Walter Falgio e Laura Stocchino. Quello odierno firmato da Walter Falgio per il volume è il primo lavoro completo e documentato sulla memoria di Nino Garau.
“Oggi posso dire che nella guerra anche i vincitori non vincono – ha scritto Garau nelle sue memorie – perché l’uccisione di un vincitore stesso non può essere ripagata da una vittoria di una nazione. Non possono essere ripagate le famiglie che hanno perso i figli, i poveri cagliaritani che hanno subito i bombardamenti e hanno perso delle persone care, i centinaia di cagliaritani che sono morti. La guerra non la vince nessuno. La guerra è morte sia per i vinti sia per i vincitori. La miglior ragione è la pace”.
Francesca Mulas
Nella foto, dall’archivio personale di Nino Garau, a destra Garau, a sinistra il partigiano Gilberto Galli. Modena, 1945