È prevista per domani 8 febbraio la decisione finale sugli interventi – una nuova centrale a carbone e l’ampliamento del Bacino dei fanghi rossi – proposti dall’Eurallumina alla Regione per il rilancio della raffineria di bauxite. E il fronte del no alza la voce per contrastare un progetto definito “non sostenibile”.
“La politica regionale – attacca l’Assotziu Consumadoris Sardigna – continua a tacere la situazione di grave inquinamento ambientale causato dal polo industriale di Portovesme, inclusa l’Eurallumina. Eppure le campagne di monitoraggio mostrano superamenti dei limiti di legge per un elevato numero di inquinanti sotto il bacino dei fanghi rossi”. “Motivo per il quale – continua l’associazione – dal 2009 parte del Bacino è sotto sequestro giudiziario”. “Noi siamo dalla parte dei lavoratori, ma non con l’azienda: prima chiude, meglio è”, si legge nel comunicato.
“La Conferenza dei servizi si appresta ad approvare il progetto-monstre dell’Eurallumina, nonostante le forti criticità già emerse nell’ambito della procedura di Valutazione d’impatto ambientale”. “A fronte di molte e gravi carenze progettuali – si legge nel comunicato del sindacato sardo – e delle numerose osservazioni pervenute, circa un anno fa la Conferenza dei Servizi richiedeva ben 53 tra integrazioni e chiarimenti progettuali, ma ora, dopo un anno, pare che l’unico intoppo rimasto per l’approvazione sia una controversia in tema di competenza paesaggistica tra Stato e Regione”. “Ma del nuovo progetto non è dato a sapere nulla. Escludendo che Eurallumina abbia potuto rinunciare agli aspetti qualificanti del progetto originario (centrale a carbone, innalzamento bacino, smaltimento ceneri, ecc.), che rendono insostenibile l’iniziativa, pare di capire che la Conferenza dei Servizi, sicuramente pressata dalla politica, si appresta ad approvare un progetto solo emendato e migliorato nei dettagli”.
Concetto ribadito da Italia nostra – Sardegna: “Desta quanto meno stupore il fatto che l’unica criticità rilevata, nell’ambito del procedimento autorizzativo per la rimessa in funzione dell’impianto, sia di esclusiva natura paesaggistica, vista l’allarmante condizione sanitaria della popolazione residente a Portoscuso – località inserita nel Sito d’interesse nazionale per bonifica (S.i.n) del Sulcis Iglesiente Guspinese – emersa nello studio epidemiologico S.e.n.t.i.e.r.i”.
“Inoltre – prosegue l’associazione ambientalista- , una nuova centrale a carbone appare in antitesi con i contenuti della Road Map 2050 e i trattati COP21 e COP22, che impongono un percorso ispirato alla decarbonizzazione, riduzione delle emissioni di CO2 e risanamento ambientale, mentre il sistema elettrico sardo produce già una quantità di CO2 per Kilowattora di energia superiore di oltre l’80% rispetto alla media italiana, con una quantità di circa 700 grammi di CO2 per unità di energia rispetto ai 400 gr prodotti nella penisola”.
In passato, un percorso per garantire l’occupazione nel rispetto delle condizioni ambientali e sanitarie l’aveva proposta a Governo, Regione e sindacati il Gruppo d’intervento giuridico, chiedendo la riconversione del polo dell’alluminio primario in polo dell’alluminio riciclato. “Attualmente ben il 90% dell’alluminio utilizzato in Italia (il 50% nel resto dell’Europa occidentale) è alluminio riciclato e ha le stesse proprietà e qualità dell’alluminio originario: viene impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi. Con la riconversione – sostiene il Grig – calerebbe l’inquinamento industriale, perché sarebbe necessaria molta meno energia. Ma i posti di lavoro sarebbero salvaguardati. Nessuno ha mai risposto al Grig, tranne alcuni rappresentanti della Rsu di fabbrica, sostenendo che la proposta non era di loro interesse.
Sulla stessa lunghezza d’onda i due comitati “Carlofortini preoccupati” e “Adiquas”: “Sono passati otto anni dalla chiusura degli impianti e nessun progetto è stato elaborato per porre fine a un ciclo industriale antieconomico e gravemente nocivo al territorio e alla sua salute: il nuovo progetto non farebbe che ulteriormente devastare un territorio già martoriato, ci si dimentica di sottolineare il problema sanitario e di grave inquinamento del territorio terrestre, marino e dell’aria. Il numero dei malati tumorali e cardiovascolari è in aumento, circa un anno fa con una nota l’Asl dichiarava che le malattie legate all’inquinamento, anche quelle mortali, sono aumentate, pure tra i bambini”.
Una soluzione prova a indicarla la Css: “Con più lungimiranza, gli stessi sacrosanti obiettivi occupazionali, si potrebbero ottenere obbligando l’azienda a bonificare quanto ha inqui nato e non consentendole di proseguire l’attività senza adeguate garanzie di salvaguardia ambientale e sanitaria a favore degli stessi operai, delle altre categorie produttive e della cittadinanza di Portoscuso”. Insomma, occupazione sì, ma nel rispetto dell’ambiente.